dall’Eco di Bergamo – Netanyahu è «un buon amico» però «deve cambiare il suo Governo», che è «il Governo più conservatore nella storia di Israele», un Governo che «non vuole la soluzione a due Stati», anche se «Netanyahu non potrà dire no a uno Stato palestinese in futuro». In conclusione, con le sue azioni a Gaza «Israele sta cominciando a perdere sostegno in tutto il mondo». Affermazioni come queste, negli ultimi tempi, sono state il modo migliore per farsi insultare come «antisemita» o come «amico di Hamas». Le cose cambiano, però, quando arrivano da Joe Biden, presidente degli Stati Uniti d’America, che ha sorpreso tutti criticando Netanyahu e la dirigenza dello Stato ebraico come poche volte era stato fatto in passato. È piuttosto ovvio che Biden ha ragione su tutta la linea, anche se Netanyahu ha subito risposto che l’operazione militare andrà avanti con o senza il consenso della comunità internazionale.
Ma la domanda vera che dobbiamo farci è questa: le cose cambiano davvero quando anche Biden critica Israele? La risposta, purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista, è no, non cambiano. Infatti poche ore prima della sortita del loro presidente, gli Usa avevano posto il veto su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza all’Onu che chiedeva una tregua immediata a Gaza. L’attuale Consiglio di Sicurezza è composto dai cinque membri permanenti (Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna e Russia) e da quelli non permanenti che ora sono Ecuador, Giappone, Malta, Mozambico, Svizzera Albania, Brasile, Gabon, Ghana ed Emirati Arabi Uniti. Tutti, tranne la Gran Bretagna che si era astenuta, avevano approvato la risoluzione. E l’unico Paese islamico del gruppo, gli Emirati Arabi Uniti, fu il primo nel 2020 ad aderire agli Accordi di Abramo proposti da Donald Trump per regolarizzare i rapporti con Israele. Insomma, l’idea di una tregua andava bene a tutti tranne che agli Usa. E a Israele, ovviamente.