HOUTHI, GLI USA FAN SALPARE LA FLOTTA

HouthiIl dirottamento di un mercantile da parte dei guerriglieri Houthi.

dall’Eco di Bergamo – Houthi, Gioventù credente, Ali Abdullah Saleh, Maersk, Hapag-Lloyd… Ecco, nel Mar Rosso, un’altra crisi che ci obbliga a imparare un vocabolario nuovo per un problema che, in buona sostanza, nuovo proprio non è. Gli Stati Uniti, confermando di essere in primo luogo una potenza navale, hanno radunato una coalizione marittima (oltre a loro e all’Italia con una fregata ci sono anche Bahrein, Canada, Francia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Seychelles e Spagna) per bloccare gli attacchi che, a colpi di droni, missili e arrembaggi, vengono portati contro il traffico commerciale che transita per lo stretto di Bab al-Mandeb (dal Mar Rosso all’Oceano indiano passando tra Gibuti e lo Yemen) dagli Houthi yemeniti. Però, appunto, chi sono gli Houthi? Sono una milizia armata fondata nei primi anni Novanta dalla famiglia Houthi con il nome di Gioventù credente, per opporsi alla dittatura di Alì Abdullah Saleh, diventato presidente nel 1978 e poi dittatore inamovibile.

Lo scossone decisivo arrivò nel 2011, con le Primavere arabe. Dopo un attentato che in quell’anno quasi lo uccise, Saleh mollò il potere ma solo per passarlo al suo vice Abed Rabbo Mansour Hadi che, con la benedizione delle monarchie del Golfo Persico e dell’Occidente, pensò bene di convocare elezioni con un candidato unico: lui stesso. Gli Houthi allora passarono all’attacco, scatenando una guerra civile che, grazie anche alla partecipazione dell’Arabia Saudita e di altri Paesi arabi, ha fatto più di 100mila vittime civili, milioni di profughi e rifugiati e ha precipitato nella miseria e nella disperazione più di 20 milioni di persone, guadagnandosi la definizione di «peggior disastro umanitario» di questi anni.

Come si arriva alla decisione degli Usa di mandare una flotta di navi da guerra a presidiare quel tratto di mare? Così: gli Houthi sono sempre stati sostenuti e armati dall’Iran, che vedeva con piacere le monarchie petrolifere impantanarsi in una specie di Vietnam dei deserti, senza ottenere vittorie decisive ma, anzi, subendo di tanto in tanto attentati insidiosi alle raffinerie e alle condotte che trasportano il prezioso greggio. Essendo, come l’Hezbollah libanese, un satellite politico e militare dell’Iran, il movimento Houthi, a sua volta, si è buttato a capofitto nell’ultima crisi tra Israele e i palestinesi, schierandosi con Hamas e cominciando a colpire i mercantili che vanno su e giù per il tratto di mare raggiungibile dalle loro incursioni.

Un mese fa gli Houthi hanno sequestrato una nave. Hanno sparato decine di missili e droni. Nelle ultime settimane hanno colpito una nave norvegese e una panamense. Hanno promesso di attaccare ogni dodici ore. E hanno quindi spinto molti armatori (Maersk, Hapag-Lloyd, MSC, Evergreen e altri) a sospendere i viaggi. Una rinuncia è stata forse decisiva: quella di BP (British Petroleum), che ha subito provocato un rialzo del prezzo del greggio. Cosa che, con la guerra in Ucraina, il «tetto» al petrolio russo sfondato e le sanzioni che funzionano così così, era difficile da digerire. Ecco quindi che gli Usa hanno deciso di radunare una flotta che, per capacità tecnologiche e militari, potrà di certo sventare la minaccia. E forse anche intimidire gli sponsor iraniani degli Houthi.

Resta una domanda, anche questa tutt’altro che nuova. Va bene proteggere i commerci e la libera circolazione sui mari. Ma perché nessuno ha pensato, negli ultimi dieci anni, di investire una frazione di questi soldi, e magari anche di questa potenza, per salvare un po’ di donne e bambini yemeniti dal colera, dalla fame e dalla guerra? Mistero.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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