ASSAD, LA SIRIA DELLE PROMESSE TRADITE

Uno dei caratteri non ancora ben analizzati dell’ondata di rivolte che sconvolge il Medio Oriente è il suo essere così double face. E’ uguale ovunque se la guardiamo dall’alto e notiamo che si manifesta con caratteri simili (rivolte di piazza, richieste di maggiore libertà, proteste di maggioranze oppresse contro minoranze di potere) in Paesi assai diversi l’uno dall’altro, dal verde Marocco al sabbioso Bahrein, dalla repubblica egiziana alla monarchia giordana, dallo sciita Iran alla sunnita Algeria. Ma è anche diversa di Paese in Paese, dove muta come un virus adattandosi alle difficoltà locali fino a farle esplodere in modo drammatico.

Una delle manifestazioni anti-Assad nella città di Daraa.

Una manifestazione anti-Assad nella città di Daraa.

Una specie di tempesta perfetta, dunque, che sposta senza sosta il proprio epicentro. Ora tocca alla Siria, dove le stragi si succedono dopo che il presidente Bashir al Assad, il 23 marzo, ha proposto un modesto piano di riforme: abolizione dello stato d’emergenza che vige nel Paese dal 1963, abolizione del Tribunale speciale, libertà di manifestazione pacifica, e una serie di provvedimenti economici (aumento dei salari dei dipendenti pubblici, sussidi in ambito sanitario, iniziative per dar lavoro ai giovani) di natura vaga e poco credibile.

Non è un caso che questo avvenga. Il Presidente ha fatto la sua mossa e non vuole farsi trascinare in un botta e risposta proteste-concessioni che si tradurrebbe nello smottamento della sua autorità. Da qui il pugno di ferro, gli spari sulla folla, i blindati contro la città di Daraa, nel Sud del Paese, epicentro della sollevazione popolare.

Proprio il caso di Daraa, però, dimostra che la forza bruta potrà forse mantenere Assad al potere, rendendolo però schiavo delle forze armate e politicamente sempre più precario. Daraa è il capoluogo di una regione agricola che ha molto sofferto per una prolungata siccità. La protesta, laggiù, è partita contro il governatore (poi rimosso), colpevole di aver mal gestito l’emergenza e di essere per di più coinvolto in strani “giri” sui titoli di proprietà dei terreni fertili. Solo in seguito i cortei hanno preso una connotazione di contestazione al regime.

il presidente siriano Bashir al Assad.

Il presidente siriano Bashir al Assad.

In altri termini, Assad sconta il fatto di non aver mantenuto le promesse che egli stesso aveva fatto al popolo. Il giovane Presidente negli ultimi anni ha varato riforme importanti in teoria (ha liberalizzato il settore bancario, ridotto i sussidi, inaugurato la Borsa) ma nella pratica neutralizzate da un duplice controllo: quello dello Stato sull’economia e quello della minoranza alawita sullo Stato e quindi sulla maggioranza sunnita. Una vera azione riformatrice dovrebbe rovesciare un duplice giogo, ed è per questo che molti non credono possibile una transizione pacifica del potere.

Lo spettro è quello dell’Iraq e della stagione di stragi seguita al rovesciamento degli equilibrii di potere dopo l’intervento Usa. La dimensione internazionale, poi, non aiuta la causa di chi, in Siria, chiede riforme più concrete e più libertà. Gli Stati vicini, ognuno a suo modo, parteggiano per la continuità, certo non per la rivoluzione. Dell’Iraq si è detto. Israele preferisce il nemico noto (Assad) all’incognita di nuovi interlocutori. Il Libano è calmo ma precario e con la Siria di Assad, proprio negli ultimi tempi, ha trovato una non disprezzabile intesa. La Turchia vuol crescere in ricchezza e influenza e non ha bisogno di problemi ai confini. E non solo: gli Usa non possono intervenire ovunque, l’Iran preferisce il cauto Assad a un eventuale regime sunnita, la Russia ha da tempo con Damasco un rapporto cordiale.

Assad e i suoi sanno bene tutto questo. Quello che non sanno, per la disgrazia loro e dei siriani, è che cosa fare una volta che i soldati avranno smesso di sparare.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 26 aprile 2011.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, che differenza c’è tra Assad e Gheddafi? Il Presidente siriano mostra un aplomb di tipo inglese, l’altro sembra un mattoide epperò: tutti e due fanno la stessa cosa, in difficoltà politica massacrano il proprio popolo senza alcun riguardo o pietà. Quello che non capisco è perché a uno tocca essere bombardato, con l’altro si tratterà o si starà alla finestra. Sono stato a Londra per una breve vacanza e ho visto almeno tre manifestazioni di siriani residenti che invocavano un intervento contro il dittatore killer. In un caso la manifestazione è stata dispersa dalla polizia (visto in Tv). Ma per i motivi che tu ben spieghi, non ci sarà alcuna intromissione occidentale in Siria. Il che mi sembra dimostrare che i motivi umanitari c’entrano poco con la guerra a Gheddafi o almeno: servono giusto da alibi.
    Sbaglio?

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    anch’io penso che i “motivi umanitari” siano, almeno per il 70%, la copertura di un intervento politico. Intendiamoci: io, personalmente, credo che un intervento occidentale (ma non così, poi magari discutiamo come) a favore della democratizzazione del Maghreb e del benessere delle sue popolazioni sarebbe (stato) un colpo di genio politico e, quello sì, un atto umanitario. Obama aveva lasciato intravvedere qualcosa, ma poi si è accontentato dell’Egitto e della Tunisia e, per interposta Gran Bretagna, di un pezzo di Libia. Ma l’occasione ci è ormai sfuggita dalle mani e adesso passiamo di compromesso in compromesso.
    Ciao, a presto
    Fulvio

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