LEGGERE LA BIBBIA A SCUOLA? SI’, MA…

Qualche giorno fa Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, ha scritto per “La Stampa” un lungo e acuto articolo per commentare – favorevolmente – il protocollo d’intesa firmato dal ministero dell’Istruzione e dall’associazione Biblia per diffondere la lettura delle Bibbia nelle scuole. O meglio, per dirla con Bianchi, “per creare uno spazio per la conoscenza della Bibbia all’interno delle diverse materie o nei vari percorsi interdisciplinari”.

bibbiasito

E’ un progetto di cui si parla e si discute da anni e che finalmente fa un concreto passo avanti. Nel tempo se ne sono entusiasmati in molti, anche grossi nomi della cultura laica come Umberto Eco e Claudio Magris. Anche a Famiglia Cristiana abbiamo pubblicato interventi in questo senso e pure il sottoscritto ha sempre pensato che sarebbe stata una buona idea.

Dico di me solo perché negli ultimi tempi mi è venuto qualche dubbio. Non sull’eventuale contributo di Biblia, ovviamente, e nemmeno sulle ragioni del progetto. Chi può dar torto a Bianchi quando ricorda che la Bibbia ha “plasmato l’orizzonte simbolico e culturale di

Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose.

Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose.

generazioni di uomini e donne nate e cresciute in una società che non poteva non dirsi cristiana”? E che non è possibile immaginare dialogo e convivenza se non siamo in grado di spiegare “i testi e i meccanismi che nel corso dei secoli hanno originato usi e costumi” del nostro mondo?

Però… L’intesa appena firmata vuole “offrire chiavi di lettura e interpretazione interdisciplinare della Bibbia” da molti punti di vista: storico, artistico, filosofico, etico, giuridico e letterario. Si tratterebbe, insomma, di leggere la Bibbia come ora leggiamo l’Odissea, l’Iliade o la Divina Commedia. Ecco perché, nella lista dei punti di vista, manca “religioso”: una lettura religiosa significherebbe, se non ho capito male l’articolo di Bianchi, “interferire con l’insegnamento religioso confessionale”.

Ed è qui  che mi trovo in qualche disagio. Si può leggere la Bibbia in modo non religioso? Si può prenderla “solo” come il sostrato culturale della nostra civiltà? Ho qualche dubbio. C’è una bella differenza tra credere che Dio scelse un popolo e lo guidò per infinite peregrinazioni alla Terra Promessa e pensare che degli ottimi scrittori ebrei dell’antichità immaginarono questa meravigliosa autocelebrazione del proprio popolo. C’è un’enorme differenza, oggi, tra il Pelide Achille e Mosè. Avremo domani anche un Pelide Mosè?

E poi, chi e come sceglierà i brani della Bibbia da leggere? Perché è inevitabile, si andrà all’antologia. E dunque ci terremo i Salmi e lasceremo perdere certe stragi di donne e bambini? E i Keatiti, i Ghersoniti e i Merariti del libro dei Numeri, a chi interesseranno? Non sarà un po’ troppo facile “depurare” la Bibbia delle parti che mettono a disagio (disagio fecondo, creativo, intendo) anche i fedeli, o di quelle che annoiano anche gli studiosi?

Ultimo ma non ultimo: l’Italia non è solo un Paese cristiano, è un Paese cattolico. E se pure Gesù disse di non essere venuto per cambiare neppure una virgola delle Scritture, è pur vero che riconoscere il Vangelo o non riconoscerlo fa una certa differenza. Credere che Gesù sia il Figlio di Dio venuto in Terra è una cosa, credere che il Messia debba ancora arrivare (come fanno gli ebrei) è un’altra. Amare il prossimo nostro come noi stessi è una cosa, sterminare gli altri perché non sono stati scelti da Dio è un’altra. Questo anche per dire che Gesù è venuto più di duemila anni fa e qualche effetto sulla formazione della nostra cultura e della nostra civiltà l’ha pure avuto. Che cosa saremmo, oggi, in Europa e in Occidente, senza il messaggio d’amore universale del cattolicesimo? Forse migliori. Ma perché non ipotizzare che, forse, saremmo peggiori? Si potrà dirlo o sarà una ricaduta nel discorso religioso?

Ecco perché mi piace l’idea della Bibbia letta nelle classi e perché,  nello stesso tempo, ne diffido un po’. Ecco perché pensare a re Davide come a una riedizione desertica di Ulisse mi lascia un poco perplesso.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

5 Commenti

  1. donMo said:

    preoccupazioni legittime, in effetti, è una cosa cui ho pensato anch’io.
    In effetti credo che che il nocciolo della questione sia nel soggetto, cioè in colui/colei che dovrà insegnare, e non penso che il discrimine sia nell’essere credente o non credente, bensì nel saper porre la Scrittura in quell’orizonte che solo è capace di darle un senso, che è quello religioso, appunto

  2. Enrico Usvelli said:

    Penso a quanti, come me, hanno ‘subìto’ a scuola la Divina Commedia e che non hanno nessuna voglia di riaprirla.
    Non vorrei che insegnanti non all’altezza riuscissero a togliere la voglia di aprire la Bibbia per conto proprio a tanti studenti.
    Difficile poi ignorare il lato religioso di libri religiosi. Benigni, bravissimo divulgatore della Divina Commedia, mi pare che lo abbia messo al centro dei suoi spettacoli.

  3. Franco Fontanesi said:

    Semplificando molto, mi sembra di ricordare che a noi laici della Chiesa Latina (o Romana) la Bibbia sia stata per certi versi “restituita” dal Concilio Vaticano II poco più di una cinquantina d’anni fà dopo molti secoli e con qualche residua titubanza. E’ forse uno dei motivi per cui il nostro Paese – nel suo insieme – vive storicamente un accentuato analfabetismo biblico.

    Dal Concilio Vaticano II, nei seminari e nelle parrocchie Italiane (ma non nella scuola, pur avendo avuto piena possibilità di farlo!), la nostra Chiesa ha tentato in vari modi di recuperare il tempo perduto con esiti non sempre pienamente soddisfacenti: nelle nostre Parrocchie, “sacche” e forme di analfabetismo biblico sono forse ancora purtroppo presenti tra gli adulti Cresimati.

    Propongo di condividere questo pensiero (pur superficiale ed impreciso)sulle nostre difficoltà “interne” perchè mi sembra possa aiutarci ad accogliere con maggiore simpatia e generosità di giudizio ogni altro tentativo “esterno” (anche il più potenzialmente rischioso) di proporre a tutti gli Italiani una qualche forma di alfabetizzazione biblica.

  4. Pier Giorgio Borbone said:

    Un po’ intempestivamente, vengo a sapere solo stasera dell’intesa MIUR-BIBLIA, e scopro che il suo commento è, tra i vari che ho letto, il più interessante. Ma non credo che verrà a mancare una lettura “religiosa” della Bibbia, se a gestire la faccenda sarà quell’associazione. Ho l’impressione che la sua laicità consista più che altro nell’essere formalmente indipendende da gerarchie (cattoliche o ebraiche – salva restando la gran differenza strutturale tra i due ambiti). Un esempio: trovo un “comunicato stampa” (http://www.bibbiaperta.it/Sezione.aspx?S=G) che cita come uno dei tre membri di BIBLIA consulenti del MIUR “Paolo Naso (La Sapienza – Università di Roma)”. Una rapida verifica sul sito MIUR (organico docenti universitari) dimostra che in Italia non esiste nessun docente di ruolo di tal nome, alla Sapienza o altrove. Tuttavia Paolo Naso risulta sul sito della Sapienza (http://www.dip-storel.uniroma1.it/?q=user/33), in quanto docente a contratto che “insegna anche presso l’Istituto Interdisciplinare Religioni e culture della Pontificia Università Gregoriana”. Perché non indicare questa affiliazione? Perché l’altra è più “laica”, immagino, per quanto si tratti tecnicamente di millantato credito (da come l’affiliazione è descritta il lettore certo intende che Naso sia un docente di ruolo della Sapienza). Dal pregevole curriculum pubblicato risulta comunque che Naso non è competente riguardo alla Bibbia sul piano linguistico, storico, filologico e critico.
    Si può invece suggerire che la lettura che gli è più consona sia proprio religiosa, per quanto non confessionale, ecumenica, in definitiva “laica”, ovvero ispirata ai “valori” e ai buoni sentimenti.
    In generale, riguardo alla lettura della Bibbia a scuola: so per certo che moltissimi insegnanti di lettere potrebbero provvedere alla bisogna senza necessità di strumenti preparati da BIBLIA, perchè hanno dato esami di letteratura cristiana, storia del cristianesimo e magari anche ebraico. Le cose stanno così, con buona pace di crede che nell’università italiana la Bibbia e le sue lingue non si studino.

    Con cordiali saluti,

    Pier Giorgio Borbone

  5. Fulvio Scaglione said:

    Gent.mo Pier Giorgio,
    (chiedo scusa per il tu,abusivo da parte mia, ma lo uso con tutti, visto che ci
    conosciamo solo via mail, e ovviamente lo autorizzo per me)

    grazie per l’intervento, che ci offre un ulteriore punto di vista su una questione secondo me un po’ sottovalutata. Tengo solo a precisare (forse in misura superflua) una cosa: le mie perplessità non riguardano Biblia ma la cosa in sé, l’impianto teorico che sembra sostenerla.
    Grazie, a presto

    Fulvio

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