I GRANDI SUCCESSI DI UNA PICCOLA ITALIA

Qualche giorno fa ho letto su Avvenire un pezzo di Gigio Rancilio che ho trovato molto acuto. Si parla del “Grande Fratello”, il padre di tutti i reality, anche in questa edizione (la decima!) premiato da ottimi ascolti: 134 giorni e 3.200 ore di diretta televisiva con oltre 6 milioni di spettatori in media e il 27,5% di share (la quota di televisori sintonizzati su quel determinato programma). Sono, obiettivamente, segnali di grande successo. Tanto che la Mondadori, per coprire ogni lato, ha fatto uscire un cofanetto (libro più Dvd) che ripercorre personaggi e momenti anche delle nove edizioni precedenti.

MarcuzziGrandeFratello10Alessia Marcuzzi (di spalle), per la quinta volta conduttrice del “Grande Fratello”. L’edizione n°10 del reality ha mantenuto una media di almeno 6 milioni di spettatori per puntata.

Ma è appunto qui, diciamo a questo punto del ragionamento, che  il pezzo di Rancilio è arrivato a darmi una mano. Prima recupera una scena di Genitori e figli: agitare prima dell’uso, il recente film di Giovanni Veronesi, ormai diventata celebre. E’ quella in cui il padre professore a causa della Tv litiga col figlio adolescente, il quale replica: “Sei milioni di italiani guardano il Grande Fratello, non saremo tutti dei cretini?”. Il collega commenta che “dovremmo imparare una volta per tutte che chi vede un programma (e viene misurato dall’Auditel) non è detto che lo giustifichi o lo promuova”. In altre parole (sempre quelle di Rancilio): “è una falsa pretesa quella di chi “crede che un numero basti a spiegare tutto”.

Alcuni protagonisti di un recente "Grande Fratello".

Alcuni protagonisti di un recente "Grande Fratello".

Sono felicissimo di trovare su un giornale (per di più, Avvenire con cui collaboro) un’analisi così liberatoria. Tramutare tutto in misura, e dunque mai in qualità, ha due conseguenze secondo me aberranti. La prima è questa: ogni atto diventa consumo e qualunque idea trova posto solo se infilabile in una strategia di marketing. La seconda è: tutto ciò che esiste in un congruo numero di esemplari è bene; il raro, lo scarso, il poco, il difficile è male. Ed è esattamente quello che vediamo accadere ogni giorno intorno a noi. Se hai i “numeri” (dalla forza economica al potere politico, dal televoto al voto), e quindi una certa quantità di gente che ti approva, puoi fare e giustificare qualunque cosa: rubare, evadere le tasse, frequentare prostitute, insultare la gente, violare le regole. Tutto.

Nel suo pezzo, Rancilio scrive anche: “Provate a pensare a quanto i cosiddetti reality hanno contribuito a sdoganare alcuni dei nostri peggiori difetti, rendendo  normali – se non addirittura “alla moda” – comportamenti che fino a pochi anni fa venivano considerati inaccettabili dalla maggior parte del Paese”. Ed è così. Non a causa dei reality ma anche con il loro contributo, assistiamo da anni in Italia allo sdoganamento di qualunque bruttura e porcheria, all’esaltazione del peggio, a un incrudelimento del comportamento pubblico e sociale che nemmeno corrisponde a una visione del mondo ma solo a una clamorosa ricerca del facile e del comodo che, come tutti sappiamo, spesso corrispondono anche all’inutile e al volgare. Per cui, paradossalmente, sarebbe un’operazione di grande civiltà dire al ragazzo del film di Veronesi che i 6 milioni di italiani che guardano il Grande Fratello ovviamente non sono tutti cretini, ma di sicuro sono meno svegli e brillanti di quei 6 (o 60 o 600) che in quel momento leggono un libro di filosofia sumera o studiano arte antica dei popoli amazzonici o si occupano di nanotecnologie.

E infine, la gloria del calendario.

E infine, la gloria del calendario.

E’ per questo, tra l’altro, che ogni giorno rimpiango gli anni in cui le ideologie c’erano, e belle forti e radicali e pure assurde. Perché tutte, anche quelle insostenibili, avevano una caratteristica comune: prevedevano un “meglio” rispetto all’esistente e, almeno in teoria, incitavano a perseguirlo. Liberali, comunisti, repubblicani, democristiani, socialisti, chi volete, analizzavano il presente convinti di poter costruire un futuro superiore, popolato di cittadini più attrezzati ed evoluti. Sogni? Balle? Come vi pare. Ma il pasticcio di oggi, nei suoi meccanismi non meno feroce delle ideologie tramontate, non è altro che perenne giustificazione del momento, dei suoi capricci, delle sue convenienze più spicciole. Fateci caso: continuano a uscire libri che parlano di “anima”. Non c’è come perdere una cosa per cominciare a rimpiangerla.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, l’unica speranza e consolazione secondo me è cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno, ovvero considerare che i 6 milioni ce seguono il Grande Fratello non siano che una infima minoranza, e che almeno 40-50 milioni di italiani coltivino il giusto disprezzo per questi spettacoli (meglio sarebbe l’indifferenza, ché chi disprezza compra).
    Credo anch’io che si possano rimpiangere le grandi ideologie che davano sale e spessore alla politica. Temo però che noi italiani siamo sempre uguali a noi stessi. La prova? Qualche riga da un vecchio libro di Leo Longanesi .”i giornali pubblicano ogni giorno notizie di scandali, rivelazioni, accuse; ogni giorno smascherano, ogni giorno additano, ogni giorno criticano (…) ma il pubblico non risponde, legge e digerisce qualsiasi notizia; nulla lo turba, nulla lo indispettisce, nulla lo agita”(…) di anno in anno , di mese in mese, il disinteresse generale all’interesse pubblico aumenta, il cittadino si restringe nel proprio guscio familiare, si trincera in casa sua: e la sua patria, e la sua nazione, la repubblica, l’ Italia sono faccende a lui estranee, enti nemici, dai quali bisogna difendersi(…) il cittadino cova:cova odio, cova disprezzo, cova scetticismo, cova antipatia”
    Sono righe scritte nel 1949, vedi tu se non valgono ancora oggi, e se non bisogna farsi qualche domandina sul come mai niente e nessuno ha smosso gli italiani da allora…e se non abbiamo bisogno, oggi come sempre di santi, eroi, navigatori e poeti , di quelle splendide minoranze che spesso hanno riscattato l’eterno 8 settembre in cui viviamo…

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    è verissimo, sono le minoranze a smuovere il mondo. Sai cosa trovo triste in quella pur splendida citazione da Longanesi? Che all’Italia di oggi si addicano parole scritte in un Italia semidistrutta, uscita spezzata in due da un ventennio di dittatura e da una guerra disastrosa combattuta anche sul suo suolo.
    Ciao, a presto

    Fulvio

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