GUIDO BERTOLASO: 8 ANNI DI PROTEZIONE

Alberto Chiara, collega e amico, mi permette di pubblicare qui la bella e approfondita intervista che ha fatto di recente a Guido Bertolaso, dal 2001 responsabile nazionale della Protezione Civile.

      Andrà ai tempi supplementari, ormai è certo:  «Non so dire con precisione se si tratterà di tre, di sei o di nove mesi. Aspetto che il Governo nomini un vicecapo del Dipartimento con diritto di successione il quale mi affianchi il tempo necessario per prendere confidenza con una macchina potente e delicata come questa. Poi passerò il testimone». È l’ultimo panettone che  Guido Bertolaso ha tagliato come responsabile nazionale della Protezione Civile. «Nominato ufficialmente il 7 settembre 2001,  sono in carica da più di otto anni filati», precisa. «Penso che basti, no? Ho l’opportunità per andare in pensione, ne approfitto. Speravo di lasciare il 31 dicembre 2009. Mi si chiede un altro piccolo sforzo. Ok, dico, ma non più di tanto». Non è il tipo da tirarle per le lunghe, Bertolaso. Nato a Roma il 20 marzo 1950,  laureato in Medicina con specializzazione in Medicina tropicale, vanta un’esistenza  vissuta a passo veloce.

Guido Bertolaso, 59 anni. Medico di formazione, dal 2001 è alla guida della Protezione Civile.

Guido Bertolaso, 59 anni. Medico di formazione, dal 2001 è alla guida della Protezione Civile.

– Il 2009 è stato un anno duro…
      «Credo che sia sufficiente ricordare tre date, tre tragedie: 6 aprile, terremoto in Abruzzo, 308 morti; 29 giugno, Viareggio, esplosione di un treno carico di gas propano liquido, 31 vittime;  primo ottobre, Messina, alluvione, 31 persone decedute. Rinnovo la mia pietà umana e cristiana per chi è mancato nonché la mia piena vicinanza a chi continua a  soffrire, anche in questi giorni di festa, per via di quegli eventi. E desidero esprimere il mio compiacimento e la mia gratitudine per coloro, tanti, che sono andati sui luoghi dei disastri, rimboccandosi le maniche senza star lì a guardare se era Pasqua, Ferragosto o Natale».
– Qual è, oggi, la situazione a L’Aquila e negli altri comuni colpiti?
      «L’obiettivo finale era e rimane costruire 183 edifici, per un totale di circa 4.600 appartamenti, rigorosamente antisismici, adatti a ospitare oltre 17.000 persone. Al 18 dicembre, gli edifici consegnati risultavano essere 141; gli uomini, le donne  e i bambini sistemati  erano complessivamente 11.000. Altri appartamenti sono stati finiti nel frattempo: il 2010 comincia con circa 15.000 persone dentro una casa degna di questa nome».

Guido Bertolaso e alcuni volontari della Protezione Civile con Barack Obama, presidente degli Stati Uniti.

Guido Bertolaso e alcuni volontari della Protezione Civile con Barack Obama, presidente degli Stati Uniti.

– Non sono mancate le polemiche…
      «Abbiamo ascoltato tutti e tutto, facendo tesoro delle critiche costruttive. Certi ritardi, poi,  siamo stati i primi a denunciarli fino al punto da rendere noti, attraverso il nostro sito Internet (www.protezionecivile.it), i nomi delle ditte che non hanno rispettato i tempi di consegna».
– Quando ha cominciato, com’era la Protezione civile?
      «Era piena di gente professionalmente e umanamente valida, ma priva di entusiasmo: l’inchiesta sulla missione Arcobaleno aveva minato il morale».
– Come la lascia?
      «Lascio una “rete”  più  capillare, più attrezzata, che fa perno sui Vigili del fuoco ma che sa valorizzare al meglio le specificità di tanti altri corpi dello Stato e di ampi settori della società civile. È una “rete”  coesa e motivata. Non si tratta soltanto del logo nuovo o del maglioncino che pure evidenziano uno spirito di corpo e dimostrano che si è parte di un’unica squadra, da Bolzano a Palermo».
Qualche numero?
      «Le persone che lavorano a tempo pieno alle dipendenze del  Dipartimento nazionale della Protezione Civile sono 600, le associazioni di volontariato collegate con noi sono 3.836 attive in tutto il territorio nazionale, forti di 1.200.000 volontari mobilitabili, addestrati attraverso un numero crescente di esercitazioni. Abbiamo a disposizione anche 24 mezzi aerei: 17 Canadair, 5 elicotteri, 2 velivoli da trasporto Piaggio P180. Il tutto, preciso, con delle finanziarie che costringono anche a noi a tirar la cinghia. Il budget del Dipartimento, a prescindere dai mutui per le tragedie del passato, nel 2009, ammontava a poco più di 180 milioni di euro; nel 2008, invece, sfiorava i 200 milioni di euro».
– Un bilancio finale dell’esperienza alla Protezione Civile?
      «L’Italia si conferma un Paese contraddittorio».
– Cosa intende dire?
      «La bellezza del nostro Paese è pari alla sua fragilità. Terremoti, eruzioni vulcaniche, esondazioni, frane, incendi, caldo soffocante e ondate di gelo: noi dobbiamo esser pronti a fronteggiare tutte le minacce possibili e immaginabili, talvolta anche più d’una contemporaneamente. Altre nazioni hanno avuto in sorte una natura più clemente. O più selettiva. L’Olanda, per dire, si deve guardare pressoché esclusivamente dalla furia eccezionale delle maree, così come la penisola scandinava teme solo, o quasi solo, le tempeste di neve fuori dal normale. Noi, no».
– E poi ci sono i rischi causati dagli uomini…
      «Sono in parte attribuibili alla stoltezza (cementificazione selvaggia; boschi, argini e fiumi condannati all’incuria) e in parte al dilagare della cosiddetta sindrome “nimby”, not in my backyard, non nel mio cortile, che caratterizza, ad esempio, la spinosa questione dei rifiuti, a Napoli e in Campania come altrove (tutti amano pulizia e decoro,  tutti vogliono discariche e inceneritori, ma non nel loro comune)».
– L’Italia sa anche mobilitarsi, all’occorrenza.
      «Sì. E sa anche far tesoro delle sofferenze subite.  Le più attrezzate e addestrate colonne mobili della Protezione civile vengono da regioni dove in passato ci sono stati terremoti, alluvioni, frane o incendi devastanti».
– Difficile immaginarla con le mani in mano…
      «La prospettiva di stare di più accanto a mia moglie Gloria, dedicando più tempo alle nostre figlie Chiara e Olivia, oltre che alla mia anziana mamma, mi fa solo piacere. Non ozierò, se è quello che vuol sapere. Tornerò a fare il medico. Ho intenzione di fare il free-lance nel campo della cooperazione e della solidarietà. Con gli amici medici cattolici del Cuam andrò in Africa, ma ho anche contatti con altri  per dei progetti in Sierra Leone, in Perù e in Cambogia».

di Alberto Chiara

Pubblicato su Famiglia Cristiana n.1/2010

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. Enrico Usvelli said:

    Intervista molto amichevole, magari giustamente.
    Le critiche che ho sentito io riguardano il fatto che si è trattata la questione come se fosse esclusivamente un problema edilizio. Sono e si stanno costruendo quartieri-dormitorio che costeranno poi moltissimo al Comune per collegamenti e altro. Il centro storico non è stato toccato e così molte case che potevano facilmente e rapidamente essere rese agibili.
    Al contrario di Umbria e Friuli ha gestito tutto la Protezione Civile: e se ci fosse stato un altro cataclisma da qualche altra parte? Non è meglio se la Protezione Civile si occupa solo dei soccorsi immediati?
    Altra nota stonata il fatto che, pare, Bertolaso se ne andrà continuando a percepire una notevole fetta del suo stipendio.

  2. Fulvio Scaglione said:

    Il signor Enrico Usvelli pone con garbo alcune questioni. Circa l’ultima non so cosa dire, salvo che il merito va remunerato. Il come e il quanto lo decidono leggi (Bertolaso va comunque in pensione) e mercato. Per il resto: la Protezione civile s’è vista riconoscere in questi ultimi anni accresciute responsabilità e nuovi ambiti d’impiego. Ecco spiegato il perché non si occupa solo di soccorsi immediati ma ha titolo di pensare anche al dopo. Condivisibili (e l’ha fatto Famiglia Cristiana in diverse occasioni, dando voce a critiche espresse in loco) le perplessità sulle modalità di intervento, fermo restando comunque che complessivamente quanto fin qui fatto in Abruzzo merita il corretto riconsocimento, anche perché frutto del silenzioso lavoro di decine di persone che hanno scarificato e scarificano giorni, notti, feste comandate. Alberto Chiara

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