TREMONTI RAGIONA SUL POSTO FISSO, ALTRI SRAGIONANO DI PRECARIATO

E’ facile riconoscere al ministro Tremonti l’autonomia intellettuale e politica per cantare lo spartito del Centrodestra da solista e non da corista. Tutti sanno, inoltre, che non gli mancano né il coraggio di andare contro corrente né il gusto per il colpo di teatro. Non per questo, però, gli facciamo tanto di cappello dopo l’ormai famosa sortita sull’importanza del “posto fisso”, cioè per aver riproposto una verità tanto evidente quanto misconosciuta. La ragione è un’altra, più importante.


      Tremonti ha detto: «Non credo che la mobilità sia di per sé un valore, penso che in strutture sociali come la nostra il posto fisso sia la base su cui organizzare il progetto di vita e la famiglia. L’obiettivo è la stabilità del lavoro». Con parole da economista prestato alla politica (o da politico che sa di economia), il ministro ha ribadito quanto Famiglia Cristiana sostiene dalla sua fondazione nel 1931: ciò che fa bene alla famiglia fa bene alla società. E viceversa.

Giulio Tremonti, ministro dell'Economia.

Giulio Tremonti, ministro dell'Economia.

      Da un paio di decenni, invece, politici, giuslavoristi e giornalisti, loro sì inchiavardati a vita alle poltrone parlamentari, universitarie e redazionali, con l’aiuto di molti industriali che di mobilità conoscono solo quella tra un consiglio d’amministrazione e l’altro e mai si sognerebbero di far provare ai loro rampolli le doti formative del precariato, ci martellano in testa che precario è bello e provvisorio è moderno. Il prodotto finale sono le affermazioni di un altro ministro, il pur meritorio Brunetta. Interrogato sui potenziali disoccupati causa crisi, rispose: «Troveranno qualcos’altro da fare». Qualcosa cosa? Non si sa. Quando? Non si sa. Per quanti soldi? Non si sa. Mentre si sa che anche i precari mangiano due volte al giorno, e nel frattempo abbiamo seminato 557 mila occupati in meno.
      Le parole di Tremonti sono importanti perché sfatano un luogo comune terrificante, quello secondo cui la mobilità è un valore in sé. Quest’Italia del precariato di massa (3 milioni e 600 mila i lavoratori a tempo, pari a circa il 15% degli occupati) è così moderna ed emancipata da reggersi grazie alla più tradizionale delle “figure” sociali: la famiglia. L’Italia è il Paese d’Europa in cui è più alta la percentuale dei nonni (50%) impegnati nella cura dei nipoti (vedi ricerca del “Centro Dondena” dell’Università Bocconi); è il penultimo Paese in Europa (solo Malta ne ha meno) per quota di donne con un lavoro fuori casa (43,6%); è uno dei Paesi con il più basso tasso di natalità al mondo (1,41 figli per donna); e guarda caso quasi il 60% dei precari italiani è fatto da donne. Qualcuno può credere che tutto questo non c’entri con l’instabilità economica così diffusa tra le giovani coppie?
      Il precariato di massa frena la formazione di nuove famiglie e ostacola la crescita<CF721> economica. Siamo in una società dei consumi e chi ha un reddito provvisorio consuma meno. Una coppia insicura non mette su casa, non compra l’auto, non fa figli. Semmai, chiede aiuto a mamma e papà i quali, se possono, impiegano così risorse economiche che potrebbero essere investite altrimenti. E poi, meno ipocrisia. Nei Paesi come gli Usa, dove la mobilità è un tratto del Dna, nessuno si sogna di speculare sugli stagisti o di rinnovare per cinque o sei anni i contratti “a progetto”, come capita senza scandalo qui da noi. Per questo è di poco interesse che Tremonti abbia parlato perché così gli andava o se l’intende con la Lega o già pensa al dopo Cavaliere. Quelli, per ora, sono affari suoi. Mentre è affare nostro vederlo inserire un ragionevole dubbio in tante irragionevoli certezze.

Pubblicato su Famiglia Cristiana n.44/2009   www.famigliacristiana.it

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

5 Commenti

  1. Enrico Usvelli said:

    Lo sai anche tu che Tremonti predica bene. Vediamo come razzola sull’argomento.
    Altrimenti sono più onesti quelli che cercano di regolamentare meglio il precariato.

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Enrico,
    certo,hai ragione. Ma anche quelli che cercano di “regolamentare meglio” il precariato predicano bene e basta. Il precariato all’italiana, quello che si nasconde dietro le spalle del defunto Marco Biagi, presuppone l’assenza di regolamentazione: infatti i precari sono aumentati di 500 mila unità negli ultimi tre anni. Altro che strada propedeutica al lavoro stabile…
    Ciao, a presto

    Fulvio

    P.S.: non dimentichiamo che questi precari campano anche perché concretamente aiutati da noi generazione del posto fisso.

  3. Italo said:

    Tremonti si é accorto tardi di una realtà inconfutabile:
    il posto fisso è la base su cui organizzare il proprio progetto di vita e la famiglia.
    Gli imprenditori ed i governanti hanno incentivato ogni forma di lavoro precario (a progetto, interinale, cocopro, ecc.).
    La giustificazione?
    Per gli imprenditori, in questo modo era possibile tenere sotto osservazione lavoratori potendoli scaricare quando volevano, qualora l’avessero voluto; non erano tenuti ad assicurare futuri occupazionali stabili e duraturi.
    Per i governanti, le forme di lavoro precarie consentivano di fare emergere il lavoro nero e quindi era interesse del lavoratore essere posto in regola (seppure precario) ed era interesse del governo che, in questo modo, faceva emergere il lavoro sommerso e quindi poteva applicare la normativa per il pagamento di imposte e contributi.
    Giustamente é stato fatto osservare che la flessibilità funziona bene in tempi di economia espansiva, ma diventa un problema serio in tempi di crisi. Ora, periodo di profonda e prolungata crisi, se ne avvertono gli effetti devastanti, a livello personale e famigliare.
    Ci si é accorti di forme di lavoro precario prive di tutela ed é facile ora riconoscere che il posto fisso é la base della stabilità sociale.
    Anche se la base della stabilità sociale é il LAVORO, che consente di acquisire un reddito per fare fronte ai bisogni della vita.
    Chi ha un posto fisso, ha maggiori tutele: ma se l’azienda chiude l’attività, dopo il periodo di cassa integrazione e sussidi ci si trova a spasso comunque.
    Tremonti poteva evitare, in questo momento, di abbandonarsi a massime demagogiche. Ora l’obiettivo primario é fare ripartire l’economia, in modo da creare e offrire LAVORO.
    Nel frattempo occorre sostenere le famiglie che non riescono a procurarsi i beni primari per vivere.

  4. Fulvio Scaglione said:

    Caro Italo,
    condivido… un po’. In questo senso: l’economia di una società di trasformazione, come nella sua essenza è quella italiana, non riparte se nessuno compra. Quando Confindustria lamenta (giustamente) che 1 milione di piccole imprese oggi tira molto la cinghia, dovrebbe anche chiedersi chi mai dovrebbe correre a comprare le loro merci. Certo non quelli che pigliano 1.000 euro al mese con un contratto a progetto, no? A me questa storia del precariato che porta al lavoro fisso non piace: intanto perché non è vero (e infatti i precari non fanno che aumentare) e poi perché la precarietà non piace a nessuno, non è certo uno stato positivo, in nessun campo. Se devo dirla tutta, io preferirei: facilità di assunzione e facilità di licenziamento.
    Ciao, a presto

    Fulvio

  5. Italo said:

    La precarietà a qualcuno piace: agli imprenditori.
    Possono decidere il destino di un lavoratore in qualsiasi momento e prendendo a presupposto qualsiasi motivazione.
    Quanto ai consumi che non decollano il problema sta nel non avere disponibilità di risorse per comprare. E’ finita la campagna promozionale volta a convincere le persone a indebitarsi, convincendole che potevano realizzare i loro desideri chiedendo denaro in prestito. Il pagamento a rate si é fatto sempre più pesante aggravato dalla crisi economica. Percepire retribuzioni e salari di 1000 e poco più euro mensili non consente pensare diversamente se non come fare ad arrivare alla fine del mese.
    E’ la famosa redistrubione della ricchezza che non si vuole vedere e realizzare. Viviamo in una società egoistica dove c’é chi prende tanti soldi e non sa come spenderli e chi invece non ha nemmeno di che campare. Le retribuzioni e i compensi dei politici, di certi sportivi, di certi personaggi del mondo dello spettacolo, e di altre categorie economiche sono assurde e non hanno una giustificazione da qualsiasi lato le si voglia giustificare.
    La società é fatta di tante persone e una società fatta da tanti rospi prima o poi porterà a conseguenze nefaste.
    In questi giorni é tornato alla ribalta anche il fenomeno delle raccomandazioni, pratica diffusa ovunque e che ha contribuito ad affossare tutti quei valori che dovrebbero caratterizzare ogni essere umano. Quale governo ha fatto o sta facendo qualcosa per cercare di riprendere le redini di un retto cammino?
    Non ne ricordo uno.

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