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“… Ai giovani dobbiamo risposte, prospettive. E lo dobbiamo ancora di più oggi: forse uno dei momenti più critici della storia plurisecolare del sistema universitario. Vogliamo dirlo: non siamo esenti da colpe. Lo sappiamo. Non lo nascondiamo. Accogliamo l’idea di una riforma di sistema, di ampio respiro che ci possa far coniugare con la responsabilità l’autonomia. Un bene prezioso e irrinunciabile. La garanzia di una ricerca libera è vitale per il destino di un Paese.
Il grido di allarme per il sostegno alla ricerca di base va ascoltato. Non si può privilegiare solo quella applicata e che permette il più veloce rientro dei capitali investiti. Senza la ricerca di base non si formano menti brillanti e creative, non c’è progresso, non c’è innovazione.
Nel nostro ateneo abbiamo intrapreso la strada del primato dell’etica, abbiamo voluto garantire con fermezza il rispetto pieno dell’uguaglianza e della legalità … Abbiamo difeso con ostinazione il diritto a esercitare l’attività di ricerca, il motore primo e qualificante di tutta la nostra azione, la nostra vera identità … Meritiamo rispetto, considerazione, sostegno per questo nostro impegno. Se è vero che tra le criticità si sono evidenziate la proliferazione di sedi, di corsi di laurea, di discipline, è vero che la profluvie di riforme succedutesi nel tempo (a cominciare dagli effetti del 3+2), la spinta a rendere più accattivanti i percorsi, a colmare l’assenza di alte scuole professionalizzanti nel nostro Paese, hanno contribuito a determinare tali fenomeni … In questo panorama non si può tacere del taglio doloroso e profondo alle risorse. Un taglio che si aggiunge ad anni di progressivo definanziamento del sistema e rende la situazione insostenibile.
Siamo consapevoli della crisi che ha investito il nostro, insieme ad altri Paesi; della necessità di sopportare sacrifici e di condurre una lotta agli sprechi. La conoscenza, però, non è un lusso, è una necessità. E’ la base per rendere il nostro Paese competitivo e salvarlo dal declino: sono allarmanti le stime sull’indice di competitività e sull’export di prodotti a contenuta tecnologico avanzato … Va tutelato e reso effettivo il diritto allo studio: le borse oggi coprono l’83% degli aventi diritto, ma articolando il dato abbiamo il 98,1% al Nord, il 95,9% al Centro e il 60,7% al Sud. Noi abbiamo laureato, negli anni, quasi 300 mila persone. Sono ancora pochi i laureati, pochi i ricercatori a paragone con gli altri Paesi europei. L’obiettivo di Lisbona per investimenti crescenti in ricerca e alta formazione appare una chimera.
Nonostante siamo il fanalino di coda quanto a investimento nel settore della ricerca, siamo però ai primi posti per qualità e quantità della produzione scientifica dei nostri ricercatori. Lo sviluppo e una migliore qualità della vita sono molto legate alla capacità di innovare, e l’innovazione vera viene dalla ricerca. Perché tutto questo si traduca in un processo di reale cambiamento serve personale umano qualificato, è necessario che competenze e talenti vengano coltivati … Il numero di coloro che trovano una più che dignitosa sistemazione fuori dall’Italia è rilevante, ma non basta gridare alla fuga dei cervelli. Bisogna chiedersi invece perché non abbiamo trovato risposte adeguate presso di noi, visto che invece all’estero hanno ottenuto un significativo riconoscimento per la buona preparazione acquisita presso le nostre Università.
Non è un male che vadano. Vorremmo però che fossero indotti a tornare e restare. Noi abbiamo creduto nella necessità di favorire una politica di rientro: ne sono tornati alcuni dall’Europa e dagli Stati Uniti, ma vorremmo poter garantire a loro e a tanti altri le migliori opportunità per l’attività di ricerca. Un recentissimo studio di Bankitalia parla della ripresa del fenomeno migratorio dal Sud verso le aree ricche del Paese. La necessità di trovare un lavoro – anche a tempo determinato – influenza la propensione migratoria di laureati lì dove le attività produttive sono più diffuse, insediamenti e aree urbane integrate tra loro, le infrastrutture di gran lunga migliori. L’impoverimento delle qualifiche più elevate a sua volta amplifica le differenze in produttività, competitività e crescita economica. La terra di origine sopporta i costi, quella di destinazione ne ha i benefici”.