Negare che quello degli armeni sia stato un “genocidio” è impossibile. Che cosa potrebbe essere lo sterminio di un milione e mezzo di esponenti di un popolo che oggi, un secolo dopo, conta 8 milioni e mezzo di persone in tutto il mondo, Armenia compresa? Un massacro pianificato, affidato a una milizia costituita allo scopo (la Teshkilate Makhsusa, Corpo Speciale) e giustificato con ragioni strategiche e ideologiche, la “turchizzazione dell’impero”, nonostante che 250 mila armeni si fossero arruolati nell’esercito turco allo scoppio della prima guerra mondiale, incitati dai leader della loro comunità proprio per dar prova di fedeltà al sultano?
La vera domanda allora è: perché una nazione ormai potente e autorevole come la Turchia ancora s’impegna a difendere una verità di Stato che attraversa le epoche e passa intatta dai generali golpisti degli anni Ottanta al regime islamico di Erdogan? Perché reagisce con furia e addirittura con minacce alle affermazioni del Papa sugli armeni, come se questi non fosse comunque il capo di quella Santa Sede che, come peraltro l’Italia e altri 18 Stati, da tempo riconosce ufficialmente che quello degli armeni fu un genocidio?
Armeni e cristiani
C’è il nazionalismo, certo, appena scalfito da qualche timida ammissione di Erdogan stesso nel recente passato ma oggi blandito in vista delle elezioni politiche del 7 giugno. Il sospetto, però, è che papa Francesco, con il discorso sul Novecento aperto da un genocidio di cristiani, abbia squarciato un velo. Nel 2015 siamo di nuovo in epoca di persecuzioni, lo spettro del genocidio si riaffaccia negli stessi luoghi in cui si compì nel 1915. E’ un caso o c’è un nesso?
Il negazionismo turco è, oggi, soprattutto rifiuto di questa domanda. Che implica, se affrontata, un profondo riassetto morale ma anche un esame di coscienza politico che pochi, turchi a parte, sono pronti a fare. In Medio Oriente come altrove, se è vero che anche gli Usa, campioni di libertà, non sono tra i Paesi che del genocidio armeno parlano senza paura. La scrittrice italiana di origine armena Antonia Arslan, in un’intervista a Famiglia Cristiana, ha ricordato che che i miliziani turchi, prima di avviarli alla forca o alla fucilazione, obbligavano gli armeni a indossare un camicione bianco. Oggi, i miliziani dell’Isis obbligano gli ostaggi a indossare una tuta arancione prima di essere sgozzati. Certe ricorrenze fanno più che impressione: fanno paura.
Segui anche “Gerusalemme, Damasco e dintorni”, il blog sul Medio Oriente di Famiglia Cristiana