Poiché l’Europa è una schifezza, l’euro un capestro, Bruxelles la capitale di una nuova dittatura, cresce il numero e la qualità dei Paesi membri della Ue. Da qualche ora Bulgaria e Romania, entrate nell’Unione nel 2007, hanno valicato il periodo di 7 anni in cui hanno scontato una serie di limitazioni alla libera circolazione delle persone in cerca di lavoro; la Lettonia, invece, ha abbandonato la propria moneta, il lat, per adottare l’euro.
Tutto il mondo è Paese, e l’Italia non ha certo l’esclusiva delle speculazioni politiche di piccolo cabottaggio. Così in Francia e Gran Bretagna è subito partito il tam tam dell’invasione: aiuto, arriveranno orde di bulgari e romeni a portarci via quei pochi posti di lavoro rimasti! Gli stessi discorsi del 2004, quando nella Ue entrò la Polonia e in Francia partì la campagna contro “l’idraulico polacco” che avrebbe dovuto invadere Parigi e dintorni. Non successe, ovviamente, e oggi, grazie anche all’ingresso nella Ue, quella polacca è una delle economie meno infelici d’Europa.
A ben vedere, la capacità di mettere a profitto l’Europa è un tratto che distingue i “nuovi” Paesi europei da quelli “vecchi”. E per coincidenza in queste ore è partito anche il semestre di presidenza Ue della Grecia che, entrata nell’Unione nel 1981, ha bruciato in cavolate tutti i fondi e i vantaggi ottenuti, fino a penosamente falsificare i bilanci dello Stato. Della Polonia invece si è detto, ma bisognerebbe dire anche della Lettonia: colpita nel 2008 da un crack bancario senza precedenti (il Prodotto interno lordo crollò in poco tempo del 20%), la Lettonia ha messo a profitto un prestito di 5 miliardi di Fondo Monetario Internazionale e appunto Ue, ha fatto le giuste riforme e oggi marcia spedita. Il premier Andris Domborvskis, in carica al momento dello sprofondo del 2008, fu pure confermato nelle elezioni del 2010.
Comunque, tornado al terzetto Bulgaria-Romania-Lettonia, chi teme ulteriori “invasioni” farebbe bene a documentarsi e poi a interessarsi di più della Lettonia. La vera invasione, quella dei capitali “sporchi”, arriverà semmai proprio da lì. Cinque mesi prima dell’adozione dell’euro, infatti, il Fondo Monetario Internazionale ha inviato a Riga un secco ammonimento: i depositi dei non residenti, infatti, sono aumentati del 17% nel 2012 e del 5% nel primo trimestre del 2013, fino a superare i 9 miliardi di euro e a costituire la metà di tutti i depositi presenti nelle banche lettoni. Somme che equivalgono al 40% del Pil del Paese e che per il 90% arrivano dalla Russia, a dispetto del nazionalismo degli uni e degli altri.
In poche parole: la Lettonia comincia a somigliare a una Cipro del Baltico, una splendida piazza finanziaria per gli affarucci dei russi che hanno capitali da sciacquare e investire. E se a fronte di questo abbiamo ancora paura di qualche idraulico…