Ho trovato nella New American Foundation un bell’articolo sul paradosso di Barack Obama, che dai repubblicani è considerato un debole e dai democratici un benevolo leader della grande potenza, mentre con ogni probabilità verrà ricordato tra i presidenti Usa più bellicosi. A dispetto del Premio Nobel per la Pace ricevuto soli 9 mesi dopo essere entrato, nel 2008, alla Casa Bianca.
Curiosamente, proprio in quella circostanza (ricorda l’articolista) Obama disse cose che avrebbero dovuto mettere tutti sull’avviso, almeno riguardo al suo presunto “pacifismo”: “Affronto il mondo per quello che è, non posso stare inerte di fronte a ciò che minaccia gli americani… A scanso di equivoci: il male nel mondo esiste. Un movimento non violento non avrebbe fermato le truppe di Hitler. I negoziati non possono convincere i leader di Al Qaeda a deporre le armi. dire che l’uso della forza è qualche volta necessario non è cinismo ma solo riconoscere il corso della storia, le imperfezioni dell’uomo e i limiti della ragione”.
D’accordo o non d’accordo con questi ragionamenti, se uno va a spulciare gli archivi trova che Obama, all’inizio della campagna per le presidenziali del 2008 in difficoltà per la sua precedente contrarietà alla guerra in Iraq, ha fatto quanto segue:
1. tre mesi dopo essere entrato in carica, dovette affrontare la crisi della “Maersk ALabama” e il rapimento del suo capitano, Richard Phillips, preso in ostaggio dai pirati somali. Per ordine di Obama, i tiratori scelti dei Navy Seals furono paracadutati su una nave vicino a quella del rapimento, uccisero i rapitori e liberarono Phillips.
2. capitolo Pakistan: durante la presidenza Bush, la media degli attacchi con i droni sul territorio pakistano (al confine con l’Afghanistan) era di 1 attacco ogni 43 giorni; con Obama, la media sale a 1 ogni 4. E’ stato ancora Obama ad autorizzare l’aumento esponenziale degli agenti Cia di stanza in Pakistan.
3. rapporti con l’islam. Obama è famoso anche per il discorso “aperturista” del Cairo (4 giugno 2009) ma nel giro di due anni dall’inizio della sua presidenza gli Usa avevano missioni armate in 6 Paesi islamici: Iraq, Afghanistan, Pakistan, Somalia, Yemen e Libia.
4. l’intervento in Libia. Se Bill Clinton, a metà anni Novanta, decise di non intervenire in Ruanda e impiegò anni a intervenire nei Balcani, Obama ha deciso in due settimane la spedizione contro Gheddafi.
5. Afghanistan: Obama, all’inizio del 2010, ha aumentato il contingente americano di 30 mila uomini.
6. Osama bin Laden: nel 2011, il 1 maggio, un commando aviotasportato uccide Osama bin Laden nella casa-rifugio di Abbottabad, in Pakistan. E’ Obama in persona, persino contro il parere di diversi dei suoi consiglieri e le cautele dei servizi d’informazione che non erano certi al cento per cento della presenza di Osama, a dare il via libera all’operazione.
L’uso della forza militare, dunque, è molto familiare al presidente Usa. A quanto pare, però, il soldato Obama non si lascia trasportare dai nervi: se il rischio è troppo grande (Iran) o la convenienza dubbia (Siria), anche le armi di Obama tacciono.