Cronache dagli Usa: nel 2010, per la prima volta, le coppie regolarmente sposate costituiscono meno della metà (il 43%, per l’esattezza) di tutte le “famiglie” del Paese. Di più: le famiglie composte da genitori regolarmente sposati e figli sono ormai solo il 20% del totale.
La cosa più sorprendente, però, è che negli Usa il matrimonio tradizionale è sempre più appannaggio delle persone con un’istruzione superiore.. Negli anni Sessanta i laureati si sposavano, rispetto ai non laureati, in misura superiore di 4 punti percentuali, oggi di 16 punti. Non solo: il tasso di divorzi tra coniugi laureati è pari a un terzo di quello che si registra tra i non laureati. Infine: solo il 6% dei figli di madri laureate è nato fuori del matrimonio, mentre tra le mamme non laureate la percentuale sale al 44%. Al mero dato demografico si accompagna un’inquietante tendenza sociologica: le famiglie americane irregolari tendono a diventare sempre più povere, mentre quelle regolari tendono, al contrario, a diventare sempre più agiate.
Che succede invece in Italia? Un tempo, pur in un Paese come il nostro dove il matrimonio “regolare” era quasi la norma, le persone laureate (soprattutto le donne) tendevano a sposarsi assai meno di quelle non laureate. Ancora negli anni Cinquanta, il 93% delle donne diplomate si sposava contro il 74% delle laureate. Ora i due dati sono quasi in parità: 86% delle laureate contro l’88% delle diplomate.
La vera differenza si nota però tra i divorzi. Secondo i dati Istat (rapporto “Separazioni e divorzi”), le coppie con la più alta scolarizzazione sono anche quelle che divorziano più frequentemente. Circa metà dei matrimoni che finiscono sono, appunto, matrimoni tra persone dotate di laurea. Resta dunque da stabilire se sia più “moderna” ed “evoluta” una società in cui il matrimonio è riserva indiana delle persone più istruite e benestanti, come negli Usa, o se lo sia quella dove il divorzio è praticato soprattutto da chi ha più studiato.