CIVILI NELLA GUERRA, DA FALLUJAH A BAGHOUZ

civiliCivili in fuga nei pressi di Baghouz.

Il meccanismo della propaganda è binario, inalterato da secoli. Parlare tanto oppure tacere sempre. Parlare tanto dei “peccati” altrui e tacere sui propri. Un meccanismo rozzo ma efficace, soprattutto da quando esiste l’informazione di massa di (in ordine di pervasività) giornali, televisione e Rete. Lo vediamo bene anche ora che si parla di Baghouz, l’oscura città siriana lungo l’Eufrate, a pochi chilometri dalla frontiera con l’Iraq, diventata famosa perché trasformata dai jihadisti dello Stato islamico nell’ultimo baluardo della loro resistenza e in un incubo per i civili. Contro Baghouz muovono le Forze Democratiche Siriane (Syrian Democratic Forces, Sdf), alleanza di reparti curdi e arabi sostenuti politicamente e militarmente dagli Usa.

Da quando, nel 2014, la milizia jihadista ha fatto la propria comparsa in Siria e in Iraq fondando il Califfato (ma l’Isis operava già da prima), è passato più tempo di quanto ne sia occorso a suo tempo per annientare Hitler e la formidabile macchina da guerra del nazismo. E Hitler non aveva contro una coalizione di 70 Paesi come invece aveva, almeno in teoria, l’Isis. È quindi più che tempo di farla finita con questi terroristi che hanno deciso di morire piuttosto che arrendersi. Anche perché la fine vicina non li ha resi migliori: man mano che le forze dell’Isis si ritirano, quelli dell’Sdf scoprono fosse comuni piene di cadaveri di civili trucidati. Una, pare, con decine e decine di corpi di donne yazide assassinate dopo essere state usate come schiave.

Badiamo però a come si svolge questo capitolo finale. Di giorno le forze curde e arabe avanzano con grandissima cautela, perché l’Isis combatte con astuzia e spietatezza impiegando i cecchini, dispiegando trappole (la morte del combattente italiano Lorenzo Orsetti è stata una drammatica conferma), piazzando origini esplosivi, lanciando kamikaze. Di notte tutto cambia. Gli americani usano i droni e gli aerei e martellano la città, dove i civili peraltro sono ridotti alla fame. Coloro che sono riusciti a scappare da Baghouz raccontano di centinaia di civili usati come scudi umani dai terroristi e uccisi dai bombardamenti. Si ha anche il sospetto che alcune delle fosse comuni contengano, appunto, i corpi di quelli morti sotto le bombe.

Però, e torniamo al tema della propaganda, nessuno ne parla. In perfetta linea con quanto abbiamo già visto: Aleppo era una carneficina di civili innocenti, medici, soccorritori. Raqqa, Mosul in Iraq e ora anche Baghouz delle “normali” spedizioni militari. La ragione è semplice: ad Aleppo operavano i “cattivi”, l’esercito di Assad e i russi; negli altri casi i “buoni”, gli americani e i curdi.

Anche ammesso che questa distinzione tra “buoni” e “cattivi” sia valida, resta un problema. I civili sono civili, in qualunque città. E una bomba è una bomba, chiunque la sganci. Rispetto a questa realtà, la propaganda di cui sopra è ripugnante. Non tanto perché spinge a fare il tifo per questo o per quello, ma soprattutto perché tende a nascondere la realtà della guerra contemporanea, che si esercita soprattutto “sui” civili.

Nella prima guerra mondiale i morti civili furono circa il 16 per cento di tutti i morti. In un arco di tempo simile a quello del conflitto 1915-1918, in Iraq, dopo l’invasione anglo-americana, i morti civili furono il 90 per cento del totale. Anche nella guerra siriana i morti senza uniforme sono stati assai più numerosi di quelli in divisa. Nella guerra contemporanea, le “vittime collaterali” sono i militari. La consapevolezza di questo fatto, che rende il conflitto armato ancor più inaccettabile, deve valere sempre. A Baghouz come ad Aleppo, a Fallujah come a Gaza, ad Afrin come a Raqqa o nello Yemen. Come ovunque.

Pubblicato in Babylon, il blog di Terrasanta.net

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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