TWITTER NON PIACE ALL’ISIS. SICURI?

twitterJack Dorsey, l'inventore di Twitter.

Anche se ancora da verificare, la minaccia rivolta a Jack Dorsey, inventore del social network Twitter, e ai suoi collaboratori e dipendenti si inserisce perfettamente nella strategia dell’Isis e, più in particolare, nella sua diabolica abilità di usare le espressioni più moderne di quella società occidentale che i jihadisti dicono d’altra parte di detestare. 

Twitter, il social basato sui micro-messaggi di 140 caratteri al massimo, è nato nel 2006 ma si è affermato definitivamente nel 2009, in coincidenza con le proteste che sconvolsero l’Iran dopo la rielezione del presidente Ahmadinejad. I militanti, in gran parte giovani, del movimento di contestazione proprio su Twitter trovarono il miglior mezzo di diffusione internazionale delle loro ragioni. Uno schema replicato nel 2011, a partire dall’Egitto, durante la Primavera araba. Gli islamisti, quindi, conoscono bene l’efficacia dello strumento e le ragioni per temerlo.

Ma il problema vero è un altro. I dirigenti e comandanti dell’Isis, pur facendo finta di amministrare uno pseudo -Stato basato su regole medievali anche per l’Islam, conoscono benissimo le dinamiche della comunicazione nelle società occidentali sviluppati e le sfruttano senza pietà.  Non a caso è ormai accertato che i jihadisti dispongono anche di esperti di informatica e comunicazione web (è stato fatto il nome dell’hacker tunisino Magdi Mgaidia) e di abili manipolatori dei social network come Twitter, tra i quali ci sarebbe anche un italiano.

Twitter, Facebook e terrore

Posso portare, a questo proposito, una testimonianza personale. Sono stato di recente in Kurdistan, tra i profughi iracheni costretti alla fuga dall’avanzata dell’Isis nella regione di Mosul. Ho cercato di fotografare una ragazza che, insieme a una sorellina, stava cucinando qualcosa su un fornello da campo. La sua reazione è stata immediata, non voleva che la riprendessi e non accettava come mia giustificazione il fatto che la foto sarebbe stata semmai pubblicata su un giornale della lontana Italia. Era quasi nel panico e sapete qual era il suo timore? Che la foto finisse su Facebook perché, a suo dire, i miliziani dell’Isis navigavano sul social per scegliere le ragazze da rapire.

Come ho scritto altrove, RaiNews ha deciso di non trasmettere più i video diffusi dall’Isis, proprio perché confezionati con evidente professionalità e studiati per ottenere il massimo dell’effetto propagandistico. In uno dei più recenti, quello che avrebbe dovuto raccontare l’esecuzione dei 21 copti egiziani da parte dei boia dell’Isis libico, gli esperti hanno addirittura scoperto segni di manipolazione elettronica: questo per dire fino a che punto di raffinatezza sia arrivato il lavoro dell’Isis sui media.

Quindi non è più importante se la minaccia contro Jack Dorsey e Twitter sia vera o falsa. Conta solo che sia credibile, e come si vede lo è. Domani potrebbe essere Facebook o Instagram, o magari l’account di un giornalista particolarmente famoso o di una stella del cinema. Il che vuol dire che l’Isis ha comunque raggiunto, almeno in questo caso, il suo obiettivo.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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