Twitter censurato dai regimi in crisi. Non è un caso se Arabia Saudita e Turchia cercano di mettere in gabia l’uccellino e i suoi cinguettii. Ogni regime ha il suo stile, quindi la cosa avviene con modalità diverse. In Arabia Saudita la censura arriva dopo qualche anno di relativa libertà d’espressione in seguito allo scossone della Primavera Araba del 2011, relativa libertà che si è naturalmente sfogata sui social network.
L’esempio più clamoroso e noto è stato quello della campagna per conquistare alle donne il diritto a guidare l’automobile, ma a fare ancora più testo sono gli usi individuali, quelli che danno davvero fastidio al regime. E’ il caso, per esempio, dei tre avvocati che hanno criticato via Twitter il ministro della Giustizia, Mohamed al-Issa, che non si decide a riformare l’antiquato sistema legale del Paese: sono finiti sotto processo. Come è capitato, in forme più o meno persecutorie, a molti altri cittadini sauditi, colpevoli di aver “postato” commenti anche solo blandamente critici.
In Turchia la cosa è, in un certo senso, più aperta: il premier Erdogan, in un discorso pronunciato a Bursa, ha semplicemente detto che “Twitter è rimasto indifferente alla richiesta di rimuovere alcuni link, nonostante le precise sentenze di Tribunale motivate da richieste di cittadini turchi. Sono quindi giunto alla conclusione che l’unica strada per dare soddisfazione ai nostri concittadini che si sono rivolti al Tribunale sia di bloccare Twitter, che non rispetta l’autorità giudiziaria né la legge”. Punto e stop. Twitter censurato
Twitter censurato
Molto si potrebbe dire sull’idea di libertà di parola e su come essa venga ancor oggi interpretata in molti Paesi islamici. E’ più importante notare, credo, che stiamo parlando di due giganti economici, Arabia Saudita e Turchia, che sono dei nani politici. Erdogan ha fatto moltissimo per la Turchia e per i turchi ma pare convinto di essere diventato il padrone del Paese, non il suo primo ministro. E il regime saudita, uno dei più conservatori al mondo, fatica sempre più a tenere fuori dai confini un mondo assai diverso dai dettami del wahabismo: un mondo, cioè, in cui le donne guidano, non sono obbligate a sposarsi a 13 anni, votano, sono votate, e in cui la shari’a (legge islamica) non pretende di regolare la vita dei cittadini in ogni minimo particolare. Mondo che non è lontano ma vicino, ben presente anche nel resto del Medio Oriente.
Un caso analogo si era avuto qualche anno fa, nel 2009, quando Mahmud Ahmadinejad aveva ottenuto coi brogli la rielezione a presidente dell’Iran e la contestazione si era scatenata nelle piazze e nelle strade di Teheran. Le notizie della repressione erano arrivate proprio tramite Twitter, cosa che aveva fortemente irritato e allarmato il regime degli ayatollah. In questi casi, cioè nei casi dei regimi in crisi, chi comanda non riesce mai a fare autocritica. Preferisce prendersela con il resto del mondo. Così: Twitter censurato Attenzione, però: c’è chi pensa (io tra quelli) che non siano stati gli armamenti ma le comunicazioni e internet a far crollare l’Urss. Che succederà con Facebook e Instagram, e What’s App e Viber e Google e…