Ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni non è la fine di Silvio Berlusconi, che ha avuto una vita splendida e una carriera strepitosa e a 75 anni può ritirarsi senza rimpianti per sé. E’ la fine del berlusconismo, che è cosa originale e ben diversa persino dal suo fondatore. Berlusconi, infatti, è un oligopolista amante dell’eccellenza e del primato, in primo luogo i suoi. Il berlusconismo, al contrario, è stata l’esaltazione del “popolo” minuto in salsa liberista. L’esatto contrario, appunto. Proprio per questo Berlusconi uscirà di scena più ricco e potente di quando entrò in politica, nel mitico 1994. Mentre il berlusconismo lascia l’Italia in mutande, o quasi.
Perché, dunque, il berlusconismo ha fallito così miseramente, dopo essere stato così largamente premiato dagli elettori? Due, secondo me, le ragioni principali. La prima è che tra Berlusconi e il berlusconismo, Silvio e i suoi alla fin fine hanno sempre scelto Berlusconi. E’ il famoso “conflitto d’interessi”, che non è un’invenzione della sinistra ma, al contrario, un’invenzione della destra: perché il conflitto nasce appunto da quanto dicevo prima, essere Berlusconi e i suoi interessi una cosa, e la predicazione politica del Cavaliere tutta un’altra. Lo si è visto persino nelle ultime ore di questa grottesca e costosa fine d’impero. Con le Borse impazzite e l’economia a pezzi, il Nostro ha trovato modo di far passare una norma anti-Veronica e i suoi figli.
L’altra ragione è che Berlusconi avrebbe anche potuto continuare a ingrassare da parassita alle spalle del Paese, se avesse almeno in parte realizzato quanto prometteva. Perché è assolutamente vero che l’Italia ha bisogno di una rivoluzione liberale, ma è altrettanto vero che tale rivoluzione non poteva venire da un uomo d’affari che ha posizioni dominanti (o quasi) nell’industria delle comunicazioni, nelle assicurazioni, nell’editoria, nel cinema. Liberalismo e oligopolismo sono ai capi opposti della fislofia politica ed economica. Inconciliabili.
La famosa lettera inviata dai vertici della Banca centrale europea (Jean Claude Trichet governatore uscente, e Mario Draghi, governatore entrante) elencava (forse senza intenderlo, certo senza dirlo esplicitamente) tutti i fallimenti del berlusconismo: nessuna riforma del sistema fiscale, nessuna liberalizzazione dei servizi pubblici e dei servizi professionali, nessuna misura per favorire la concorrenza, nessuna politica attiva per il mercato del lavoro.
Sta in questo il fallimento, clamoroso ma inevitabile, del berlusconismo. Che è anche il fallimento di chi crede che sia possibile, a certi livelli, tenere i vizi privati insieme con le pubbliche virtù. E’ finita che Berlusconi si è mangiato il berlusconismo, i vizi privati hanno annichilito le pubbliche virtù. Come peraltro succede sempre nel mondo reale.