La condanna della violenza di piazza è doverosa e scontata. Anche per questo, però, diventa facilmente inutile e consolatoria. Alla fin fine ho l’impressione che sia gli studenti che marciano in corteo sia i politici che si sdegnano e invocano la repressione sia due facce di una medaglia italiana che si caratterizza per una sostanziale sopravvalutazione delle risorse e delle capacità del Paese.
Se mettiamo in fila un po’ di dati non fatichiamo ad accorgercene. Debito pubblico: in Europa siamo secondi dopo la Grecia. Secondo le eleborazioni di Eurostat, il deficit della Grecia per il 2009 è stato pari al 15,4%, mentre il suo debito pubblico al 126,8%; l’Italia ha chiuso il 2009 con un deficit al 5,3% (dal 2,7 dell’anno precedente) e un debito pubblico del 116% (106,3% nel 2008). Seguono il debito pubblico del Belgio con 96,2% e dell’Ungheria con il 78,4%.
Molti esperti di economia ci spiegano che il solo debito pubblico, come indicatore della salute economica di un Paese, non è sufficiente, che bisogna tenere in conto anche il debito privato. Così facendo si vede che la salute dell’Italia è migliore di quanto si tema. Davvero? Ecco una tabella elaborata da Standard&Poor’s in vista della fine del 2010.
Certo, le cose vanno un po’ meglio ma non pare ci sia da rallegrarsi molto. Passiamo oltre. Evasione fiscale: siamo primi in Europa, con il 54,5% del reddito imponibile evaso e imposte sottratte all’erario per circa 160 miliardi l’anno (Krls Network of Business Ethics). Disoccupazione giovanile: siamo quarti in Europa dopo Spagna ( 42,5% dei giovani tra i 15 e i 24 anni senza lavoro), Grecia (32,1%) e Irlanda (29,1%). Noi siamo al 26,4%. Fiducia dei cittadini nei confronti degli enti pubblici: secondo l’ultimo Barometro della corruzione di Transparency International, appena pubblicato, il 65% degli italiani ritiene che il livello di corruzione sia cresciuto, il 30% che sia rimasto ugugale a tre anni fa e solo il 5% che sia diminuito.
Nell’Indice 2010 della libertà economica, elaborato dalla Heritage Foundation, un think tank americano di orientamento conservatore, l’Italia sdi classifica al 74° posto, appena prima dsella Bulgaria e comunque dopo la Grecia. La produttività del lavoro: in occasione della relazione annuale, Mario Draghi (Governatore della Banca d’Italia) ha sottolineato che nei 10 anni prima della crisdi scoppiata nel 2008 la produttività per ora lavorata in Italia è salita del 3% mentre nell’area euro del 14%. Quota della popolazione in età da lavoro effettivamente occupata: 57,3%, al quart’ultimo posto tra i 34 Paesi dell’Ocse, appena prima di Turchia, Ungheria e Messico. Lavoro delle donne: solo il 46% delle donne ha un lavoro fuori casa e in ogni caso il 27% di loro lascia dopo il primo figlio e un altro 15% dopo il secondo figlio.
Ancora. Il livello delle università: nella graduatoria dell’Academic Ranking of World University nessuna università italiana è tra le prime cento del mondo. Nelle graduatorie del Pisa (Programme for International Student Assessment), in compenso, le medie ottenute dagli studenti italiani quindicenni sono molto basse rispetto a quelle di quasi tutti gli altri.
Tutto questo non ha nulla a che fare con il patriottismo o con la dignità nazionale. Questo è una parte importante di ciò che siamo, ci piaccia o no. Saperlo ci aiuta a capire che cosa possiamo o non possiamo fare, in un mondo che cambia turbinosamente e porta alla ribalta popoli assai più giovani (ah già, il nostro tasso di natalità, 1,41 figli per coppia, è tra i più bassi d’Europa e del mondo) e più abituati a soffrire. E non c’entra la destra o la sinistra, ci siamo arrivati con gli anni e con i più diversi Governi. Anche se smettere di illudere la gente potrebbe fin d’oggi essere un buon primo passo per invertire la tendenza.