Ma guarda un po’, questi sacerdoti della Curia di Milano. Si sono permessi di dire che la festa dei tifosi dell’Inter in piazza Duomo “non è stata rispettosa del luogo santo in cui si svolgeva”. E tutto per qualche quintale di bottiglie e lattine, un po’ di falò, i bivacchi, i cori da stadio e le urla fino al mattino. Il sindaco Letizia Moratti ha dovuto rimetterli al loro posto: “Piazza Duomo è dei cittadini milanesi… sabato sera c’è stata una grande festa popolare”.
Urge che l’ufficio stampa del Comune di Milano faccia fare al sindaco un giro su Youtube, per vedere i filmati della “grande festa popolare”, e magari le stampi qualche poster dalle infinite photogallery che circolano nei siti internet. In seguito, si potrà magari spiegare alla signora che c’è una certa differenza tra piazza Duomo (che si chiama così perché ospita… il Duomo, indovinato) e una qualunque distesa di asfalto della periferia.
La Moratti dice “milanesi” (anzi: milaneesi) come Santoro dice “gente” (anzi: ggente). Non sono concetti geografici ma categorie dello spirito che alla fin fine si riducono a questo: i nostri, possibilmente i miei. Perché in piazza Duomo sono successe tante cose negli anni e quelle vecchie pietre ne hanno viste a bizzeffe. Nel gennaio del 2009, per esempio, al termine di un corteo contro la guerra di Gaza durante il quale furono anche bruciate le bandiere d’Israele, un paio di centinaia di musulmani entrò in piazza Duomo e si mise a pregare. Nessun falò, nessun bivacco, men che meno vetri rotti. Solo schiene piegate in preghiera. Allora illustri esponenti della giunta dissero cose come “piazza Duomo è stata violentata”, che non si poteva accettare quella “occupazione islamica” di un luogo tanto simbolico.
Ne risulta che in piazza Duomo si può insultare la Juve o il Milan ma non pregare? Che accendere un fuoco è far festa e inginocchiarsi uno scandalo? Che Mourinho è più potente di Allah? Potenza dei simboli. Anzi: dei simboli milaneesi.
Pubblicato su Famiglia Cristiana n.24/2010