USA E UE LITIGANO, IL TERRORISTA RIDE

Avanti così, facciamoci del male. E’ passata un po’ sotto traccia la bocciatura che il Parlamento europeo ha inflitto alla bozza di accordo con gli Usa per il controllo dei trasferimenti bancari effettuati con il sistema Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), società con sede in Belgio che gestisce l’80% dei trasferimenti bancari di 200 Paesi del mondo. Ed è un peccato, perché poche vicende sono più esemplari di questa.

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L’accordo, che a novembre era stato approvato dai 27 Governi della Ue, era studiato, almeno nelle dichiarazioni, per agevolare la lotta contro il terrorismo internazionale proprio nel campo più sfuggente e decisivo: i canali di finanziamento, la miriade di versamenti grandi e piccoli che tengono in vita i movimenti eversivi di ogni ideologia e colore. Messa così, la faccenda mostra subito i connotati della solita decisione cieca degli europei, condita magari dalla volontà di fare un altro dispetto agli Usa. Peccato che la vicenda sia un po’ più complicata, come dimostrano gli stessi dati del voto: il Parlamento europeo, dove la maggioranza è dei partiti di centro e di destra, ha respinto l’accordo con 378 voti contrari e soli 196 a favore (31 astenuti). Il che significa che l’ostilità era bipartisan.

Questo si spiega anche con il fatto che gli Usa, da parte loro, non hanno lesinato gli errori, pure grossolani. La trattativa su questo accordo è partita nel 2006, quando i giornali scoprirono e rivelarono che il SWIFT11Dipartimento di Stato Usa aveva ingiunto alla filiale americana della Swift (che ha sede centrale in Belgio) di rivelare i dati in suo possesso sulle transazioni bancarie internazionali. Il tutto all’insaputa dei Governi dei 200 Paesi che con la Swift lavorano e senza avvertire le autorità dell’Unione Europea, anche la se la Swift è una società di diritto comunitario. Ne nacque uno scandalo, giustificato.

Conoscendo i rispettivi orgogli e il sempre latente nazionalismo, questo comportamento già sarebbe bastato a creare complicazioni. In più, la Swift ha creato un nuovo centro di stoccaggio dei dati in Svizzera, proprio per sottrarsi alle pretese del Governo Usa. Ma è l’accordo stesso a risultare criticabile sotto diversi punti di vista. Provo a elencarli.

1. Non prevede reciprocità. In altre parole: gli Usa avrebbero accesso ai dati bancari europei, ma l’Europa non potrebbe fare altrettanto con i dati bancari americani. Poiché gran parte delle transazioni finanziarie è compiuta dalle aziende, gli Usa avrebbero accumulato dati sensibili che avrebbero costituito, anche, un notevole vantaggio commerciale. In più: perché io devo render conto di che cosa faccio con i miei soldi anche al Governo Usa, mentre i cittadini americani rendono conto solo al loro Governo? Per dirla con Jeanine Henis-Plasschaert, liberale olandese, relatrice al Parlamento: “Se l’amministrazione Usa avesse proposto la stessa cosa al Congresso, cioè di trasferire in blocco i dati dei cittadini americani a una potenza straniera, sappiamo quale sarebbe stata la risposta”.

2. Non prevede alcun controllo della magistratura. Una volta firmato, l’accordo prevede il trasferimento automatico dei dati, senza alcun controllo “terzo” o indipendente. E se i dati fossero usati in modo improprio? E se un cittadino europeo volesse fare ricorso perché danneggiato?

3. Non c’è alcuna garanzia che i dati trasferiti agli  Usa almeno resteranno negli Usa. Lo scopo esplicito dell’accordo è combattere il terrorismo. Ma nella lotta al terrorismo gli Usa collaborano con molti altri Paesi, anche extraeuropei. Condividere i propri dati con gli Usa è un conto, sapere che passerano anche al Governo dell’Afghanistan o del Pakistan o dell’Arabia Saudita è cosa ben diversa.

Los Angeles (Usa): briefing anti-terrorismo agli ufficiali della polizia metropolitana.

Los Angeles (Usa): briefing anti-terrorismo agli ufficiali della polizia metropolitana.

4. E’ una sorta di amputazione politica. Accettando l’accordo così com’è concepito, l’Europa di fatto appalta agli Usa il nucleo delle operazioni antiterrorismo. E’ vero che gli americani si sono presi sulle spalle il peso maggiore, in questi anni. Ma è altrettanto vero che sono molti i Paesi europei eventualmente capaci di elaborare e analizzare grandi masse di dati finanziari. Quindi, di cosa si sta discutendo? Della sicurezza internazionale rispetto al terrorismo o della sicurezza interna degli Usa?

Alla fine di questa polemica tra Usa e Ue, resta la sensazione di una grande occasione sprecata. Bloccare i denari dell’eversione consentirebbe, tra l’altro, di ridurre la probabilità di guerre che provocano moltissime vittime civili. Da qualche parte, adesso, ci sono terroristi che se la ridono.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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