FOTOSTORIA: DA RUGBY AL RUGBY, CHE AVVENTURA

Devo ammettere che per moltissimi anni, cioè quelli in cui le partite del campionato di calcio erano la domenica e si ascoltavano alla radiolina, il rugby è stato per me solo un’interruzione. Quella che arrivava ogni tanto a dirci che il Treviso (a me, ignorante, pareva che ci fosse sempre e solo quella squadra lì) faceva questo o quello. Dieci secondi e via col calcio.

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Poi, quasi di colpo, mi sono ritrovato con questo sport trasformato in fenomeno anche sociale, con cifre che fanno impressione: 65.059 tesserati in Italia (10.590 gli “under 14”), una quantità di squadre di minirugby, 846 club e una Federazione nata nel 1928 che può a buon titolo vantarsi di amministrare il secondo sport italiano, almeno per giro d’affari.

Ragazzi del minirugby inglese.

Ragazzi del minirugby inglese.

Ma che cosa te ne importa? Domanda legittima. In effetti non molto, con tutta la buona volontà e la simpatia non riesco ad appassionarmi. Però mi piace in assoluto la storia di uno sport che da noi era secondario e che, con coraggio e fatica, si è scavato un posto di rilievo. Il 14 novembre 2009 gli All Blacks e la nostra Nazionale hanno portato più di 80 mila spettatori allo stadio Meazza di Milano. I partner commerciali della Nazionale, che nel 200 erano 5, oggi sono 49. E secondo una ricerca Acciari Consulting – Censis Servizi, da sei anni consecutivi il rugby cresce nell’apprezzamento di pubblicitari e sponsor. Non è una grande storia di sport anche questa dell’affermazione del rugby in piena calciocrazia?

Una partita di rugby tra soldati nordisti durante la Guerra di Secessione in America.

Una partita di rugby tra soldati nordisti durante la Guerra di Secessione in America.

Un’altra cosa che mi piace del rugby che non pratico, è che a dispetto delle apparenze possono praticarlo le più diverse categorie di persone.

Il "beach rugby", da giocare in spiaggia.

Il "beach rugby", da giocare in spiaggia...

... e il rugby in sedia a rotelle.

... e il rugby in sedia a rotelle.

E’ in pieno svolgimento il Sei Nazioni, il torneo di rugby più famoso e importante del mondo. La prima edizione, denominata Home National Championship, risale al 1883 quando non era altro che il torneo tra i quatrtro Paesi britannici (Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda). Nel 1910 si aggiunse la Francia e nel 2000 l’Italia. Sei nazioni, appunto. Un fenomeno con un giro d’affari di 500 milioni di euro (70 di sole sponsorizzazioni), ancora tenacemente legato al nome di William Webb Ellis, lo studente della città di Rugby che nel 1822, all’età di 16 anni, prese la palla con le mani e inventò, così dicono, il rugby. Forse è una leggenda, forse no. Anzi: spero che sia una leggenda, perché uno sport che apprezza il mito mi sta fortemente simpatico. Senza contare il fatto che frequento la città francese di Mentone, dove Ellis è sepolto in una tomba coperta dai fiori dei rugbisty in ogni stagione dell’anno. Altra cosa che mi piace e mi commuove.

William Webb Ellis (1806-1872), rugbysta e pastore protestante.

William Webb Ellis (1806-1872), rugbysta e pastore protestante.

 La statua dedicata a W.W. Ellis nel cortile dell'Università di Rugby.

La statua dedicata a W.W. Ellis nel cortile dell'Università di Rugby.

E insomma, detto questo dove volevo arrivare? Mandare un messaggio di simpatia, ecco tutto. Mi piace lo sport. Mi piace anche la retorica dello sport. Ho sempre detto alle mie figlie che da padre, potendo scegliere, avrei preferito vederle vincere un’Olimpiade che il premio Nobel. Sono venute sù con una passione sportiva pari allo zero, però è anche improbabile che vincano il Nobel. Questa Italia che tenacemente si batte, per esempio nel Sei Nazioni, sapendo di non vincere è un’Italia un po’ vecchio stile, un po’ contadina, un po’ omerica, di cui sento fortemente il bisogno.

Una delle prima partite di rugby a Rugby.

Una delle prima partite di rugby a Rugby.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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