A dire la verità, io e la mia famiglia eravamo più da Pizza Hut (la Capanna della Pizza), la catena texana che sfornava a prezzi modesti focaccioni gonfi e gustosi e che aveva un bel locale sul Kutuzovskij Prospekt, a pochi passi dal nostro appartamento e dall’ufficio di Famiglia Cristiana. Ma il vero mito dello snack a Mosca, negli anni Novanta, era McDonald’s.
Mi sono tornati precipitosamente in mente un sacco di momenti moscoviti, ora che l’Ansa ci ricorda che proprio il 31 gennaio 1990, vent’anni e una vita fa, la catena fondata nel 1937 in California dai fratelli Richard e Maurice McDonald battè uno dei colpi più clamorosi della perestrojka aprendo il primo locale del genere nell’Urss, e proprio sulla piazza Pushkin, legata al poeta che più rappresenta il Paese e a tante manifestazioni del dissenso anti-sovietico.
Per la propaganda di Michail Gorbaciov fu un colpo da maestro. Quel 31 gennaio, all’ora dell’apertura c’erano già 5 mila persone in fila, nel gelo di gennaio. A fine giornata i clienti furono 30 mila, in quel momento record mondiale per un’azienda che, dopo tutto, solo nel 1971 aveva aperto il suo primo punto vendita in Europa (in Olanda). E furono da record anche le richieste di lavoro: 27 mila per i 630 posti disponibili. Il trionfo del cheeseburger fu determinato, anche, da una di quelle leggi del mercato che furono poi alla base della riforma economica varata dal duo Boris Eltsin – Egor Gajdar: ai russi non mancavano tanto i quattrini quanto le merci da acquistare, le occasioni per consumare.
Certo, contava il sogno americano, la voglia di giocare all’occidentale, la moda, l’illusione che tutto ciò ch’era nuovo e non russo fosse anche migliore. Ma un pasto McDonald’s era anche allora alla portata di molti ed era abbondante e ghiotto. Erano anche anni in cui le merci per noi comuni arrivavano sul mercato russo in modo sporadico e imprevedibile. Ho conosciuto italiani che per un paio d’anni hanno fatto i quattrini vendendo acqua minerale a Mosca, dove l’acqua del rubinetto si tagliava col coltello. Quando e dove mancava tutto, trovavi sempre e comunque (e a basso prezzo) i Mars e gli Snickers: a me capitò nella pianura di Poltava, in Ucraina, in una notte fredda e scura, a un chiosco lungo la strada dov’ero infine approdato dopo che l’automobile aveva tirato gli ultimi.
Il McDonald’s della piazza Pushkin, colpevolmente snobbato dagli occidentali che vivevano a Mosca, era una lente d’ingrandimento sulle piccole manie dei russi, grandi divoratori di patate (kartoshka, un elemento fondamentale della loro alimentazione) e bevitori industriali di Coca Cola. Ed è stato, alla fin fine, un grande stimolo affinché i russi, per via della solita rivalità con gli americani, riscoprissero la propria tradizione culinaria. Nel fast food, rilanciando i baracchini dove, alla moscovita, si possono consumare birra e gamberetti; nella ristorazione a buon prezzo con i Russkije bistrò, trattorie che servono i piatti tipici della cucina russa.
Ovviamente la multinazionale americana pensa al business e, a giudicare dalle cifre, ci pensa pure bene. In Russia ha finora aperto 245 ristoranti in 60 città e ha servito 280 milioni di panini a 2 miliardi di clienti, mentre il ristorante sulla piazza Pushkin mantiene il proprio primato nazionale, con 130 milioni di avventori in vent’anni. La Russia, inoltre, è per McDonald’s il mercato con il più alto tasso di crescita di tutta Europa, con 950 mila clienti sui 12,9 milioni serviti ogni giorno nel Vecchio Continente. Caso forse più unico che raro, inoltre, l’azienda è riuscita a far breccia nel muro di corruzione e diffidenza che spesso ha mandato a monte i tentativi di altre imprese occidentali: McDonald’sRussia ha oggi 25 mila dipendenti, una catena di 130 fornitori e vanta un 80% di prodotti russi impiegati nella confezione dei suoi pasti. Con un’eccezione italiana: alle porte di Mosca il gruppo italiano Cremonini ha appena inaugurato uno stabilimento che fornirà hamburger, tra gli altri, anche a McDonald’s.