GHEDDAFI 3: LO SBARCO IN UNICREDIT

… E vabbè, lasciamo stare il diritto d’asilo. Se persino il primo ministro di un Paese democratico come l’Italia proclama, contro ogni evidenza, che tra i migranti non ci sono persone che scappano per salvarsi da persecuzioni politiche o religiose, che cosa volete che dica un Gheddafi qualunque? Ma non è finita qui. La Convenzione di Ginevra stabilisce chiaramente, all’articolo 33, che “nessuno Stato espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate”.

Muhammar Gheddafi, 68 anni, dal 1969 al potere in Libia.

Muhammar Gheddafi, 68 anni, dal 1969 al potere in Libia.

Dalla serenità con cui il nostro Governo respinge i migranti verso la Libia, si potrebbe supporre che il regime del Colonnello sia un modello di benevolenza e accoglienza. Purtroppo è esattamente il contrario: l’ex organizzatore di attentati ha creato in Libia un regime non solo dittatoriale ma anche brutale. Human Rights Watch, l’organizzazione indipendente americana per la difesa dei diritti umani, ha raccolto decine di testimonianze sugli abusi e le violenze che polizia ed esercito libici compiono ai danni dei migranti, qualunque sia la loro origine o provenienza. Si va dal furto dei pochi beni di cui i migranti dispongono alle percosse, dalla violenza sessuale sulle donne alla schiavitù lavorativa dei bambini, per non parlare delle carceri che somigliano ai lager e delle torture, o della simpatica abitudini di raccogliere gruppi di immigrati clandestini, caricarli a bordo di camion e poi abbandonarli al loro destino nel deserto.

La "rotta" dei principali flussi migratori dall'Africa verso l'Europa.

La "rotta" dei principali flussi migratori dall'Africa verso l'Europa.

In Libia i flussi di migranti sono sfruttati non solo dal Governo ma anche da una sorta di economia privata parallela gestita da contrabbandieri di uomini e ufficiali di polizia. A Kufra, il  grande centro di raccolta nel Sud del Paese, esistono persino carceri “private” in cui i migranti intercettati sono sfruttati come merce: detenuti fuori da qualunque legge o regola, sono costretti dai loro kapò a lavorare gratis per non morire di fame e non godono, ovviamente, di alcun diritto o garanzia.

Migranti "respinti" nel Mediterraneo e ammucchiati nel porto di Tripoli (Libia) in attesa di essere smistati nei vari centri di detenzione libici.

Migranti "respinti" nel Mediterraneo e ammucchiati nel porto di Tripoli (Libia) in attesa di essere smistati nei vari centri di detenzione libici.

Dev’esser chiaro a tutti: è per queste cose che paghiamo la Libia e arricchiamo Gheddafi. Il Paese che è stato inserito da Barack Obama nella lista dei 14 Paesi da tenere d’occhio come potenziale base di partenza di atti terroristici. Il dittatore che, sopravvissuto a una vita di intrighi, si è rivelato di gran lunga il più furbo del mazzo. E con questo siamo tornati al punto di partenza, cioè all’annata super favorevole che il dittatore ha vissuto alla Borsa italiana. Nell’ottobre 2008, come si diceva, il colonnello spende 2 miliardi per ottenere quasi il 5% delle azioni di Unicredit. Il gruppo bancario italiano è in difficoltà, il crollo di Lehman Brothers lo ha colpito duramente. Serve un aumento di capitale da 3 miliardi di euro ma la “piazza” tarda a rispondere: quando il prezzo fissato dal CdA per varare l’aumento è di 3,08 euro per azione, la Borsa le tratta a 2,16.

In quel momento arriva al soccorso Gheddafi. A sollecitarlo sono proprio gli uomini e gli ambienti che ruotano intorno a Silvio Berlusconi, primo fra tutti il finanziere Tarek ben Ammar (nipote dell’ex presidente della Tunisia Burguiba, socio del Cavaliere in molte imprese, consigliere di Mediobanca e di Telecom). Perché? Perché Unicredit, sotto la guida di Dieter Rampl e di Alessandro Profumo, è l’unico gruppo bancario italiano a far da contrappeso alla galassia finanziaria composta dai fidi di Berlusconi, a partire dalla Mediobanca presieduta da Cesare Geronzi.

Nulla di illegale, per carità. E ognuno può giudicare da sé quanto sia di buon gusto aiutare un dittatore come Gheddafi, dopo aver sparso per anni fiumi di parole sulla democrazia in Medio Oriente. Resta il fatto che con quella mossa, il nostro premier prende due piccioni con una fava: mette un azionista amico e di peso i casa Unicredit, dovesse mai servire. E compensa lautamente Gheddafi e i suoi cari per i servizi resi, visto che il sistema bancario ha retto e le azioni Unicredit hanno riguadagnato valore. Viva Gheddafi, dunque, che bastona i migranti al posto nostro e ci permette di dormire sonni tranquilli.

(3.fine)

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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