DA DOVE VIENE IL SALARIO DEL TALEBANO

La vignetta del “Korean Times” che vedete qui sopra è molto carina. L’idea che esprime è largamente condivisa: e cioè, che in Afghanistan sia la coltivazione del papavero da oppio (con relativa produzione di droga) a tenere in vita la guerriglia dei talebani. Purtroppo, anche questa convinzione necessita di una profonda revisione alla luce delle indagini dei servizi di sicurezza del Governo Usa e delle analisi del Congressional Research Service, in pratica il “centro studi” del Parlamento americano.

TalebaniOppio

      Emerge, infatti, che la principale fonte di finanziamento per i talebani non è l’oppio, bensì la vasta rete che raccoglie le donazioni in denaro che partono da molti Paesi (primi fra tutti quelli del Golfo Persico, l’Iran, il Pakistan) e che, attraverso finte organizzazioni di beneficenza e prestanomi, convoglia il denaro nel borsellino dei talebani. Nel 2008, le sole donazioni “tracciate” dai servizi segreti Usa superavano i 110 milioni di dollari. Nessuno nutre dubbi sul fatto che quella sia solo la punta dell’iceberg e che il grosso non sia stato intercettato. Anche perché molti contributi alla guerriglia sono versati da simpatizzanti insospettabili: afghani emigrati all’estero, titolari di piccole attività (negozi, aziende agricole), musulmani radicali di ogni Paese che per il resto conducono una vita irreprensibile e che donando comunque non infrangono la legge del Paese in cui vivono.

      Al secondo posto, tra le fonti di finanziamento, viene in effetti il papavero da oppio che, secondo le diverse valutazioni (dalla Cia all’Onu) rende ai talebani da 100 a 400 milioni di dollari l’anno. Proprio qui, però, si delinea con chiarezza la natura ambigua della guerriglia afghana, che solo in minima parte ormai è radicata nell’estremismo islamico e nel fanatismo religioso. Ci sono gruppi di guerriglieri che, per conto dei diversi “signori della guerra”, impongono una tassa del 10% ai contadini: per la coltivazione dell’oppio come per quella del grano o del cotone. Gli stessi gruppi ricevono altri pagamenti da coloro che trasportano la pasta d’oppio verso i laboratori, sotto forma appunto di “protezione” dei convogli. E prendono altresì un “pizzo” per la protezione degli stessi laboratori. Più in grande, la Shura di Quetta (una specie di Consiglio Supremo dei talebani, che ha sede appunto a Quetta in Pakistan) tratta direttamente con i boss del narcotraffico internazionale per collaborare all’esportazione della droga dall’Afghanistan.

      I talebani di prima linea e i soldati semplici della guerriglia sanno poco di tutto questo. Loro combattono per un salario che, secondo le diverse zone e i diversi compiti, oscilla tra i 500 e i 700 dollari al mese. La Cia, attraverso le sue osservazioni sul campo, ha persino stabilito che molti di loro lavorano come braccianti durante la stagione estiva per integrare un salario che, a quanto pare, anche in Afghanistan risulta insufficiente.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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