Temo che non mi capiteranno moltissime altre occasioni. Quindi sono particolarmente lieto di fare un applauso a Gianni Alemanno, sindaco di Roma, per quanto ha detto sullo scandalo culturale andato in scena all’Università della capitale. Lui forse ha usato parole un po’ forti (ha parlato, se non erro, di 300 piccoli criminali che controllano l’Università) ma la sostanza era impeccabile. Ricapitoliamo: 67 professori e un buon numero di studenti si oppose, otto mesi fa, a che papa Benedetto XVI tenesse la prolusione inaugurale dell’anno accademico; nessuno ha fatto un fiato, la settimana scorsa, quando la cattedra di Letteratura Americana ha invitato Valerio Morucci, ex brigatista rosso, uno degli assassini di Aldo Moro, a tenere una lezione dal titolo “Cultura, violenza, memoria”.
Morucci avrà senz’altro scontato le proprie colpe ed è quindi “invitabile” da chiunque ovunque. Ma il punto è un altro. Vogliamo paragonare l’ex terrorista all’attuale Papa per preparazione culturale, autorevolezza, prestigio (mondiale, nel caso del Papa), profondità di pensiero? Ovviamente no. Immagino che i 67 professori e gli studenti che si opposero alla prolusione di Benedetto XVI siano con la stessa intensità ostili alla pratica del terrorismo. Quindi proprio loro, i laici e gli ultralaici, dovrebbero preferire un incontro con il Pontefice per questa semplice ragione: perché è un “avversario” di maggior valore, più interessante, con il quale è più stimolante incrociare argomenti e ragionamenti.
Un’Università che respinge un dotto come Benedetto XVI e accoglie senza batter ciglio Valerio Morucci è, molto semplicemente, un’Università che ha perso il senso della propria funzione, che è quella di confrontarsi con le più diverse forme del sapere, ricercare, dibattere e infine trovare la propria strada verso la conoscenza. Se non è così, se sono già armati di certezze assolute, che cosa ci vanno a fare in aula tutti questi ragazzi?