DUE SUORE RAPITE IN AFRICA, SCONTRO DI CIVILTA’ SUI GIORNALI IN ITALIA

      Non era stato difficile prevedere, qualche giorno fa, che la decisione del Parlamento dell’Iraq di limitare a tre (su 144) i seggi riservati ai cristiani nelle elezioni provinciali (il che vuol dire: espellerli dalla rappresentanza e dalla visibilità politica) sarebbe passata sotto quasi totale silenzio. Troppo caro al cuore dei moralisti, in apparenza sempre preoccupati per il benessere dei cristiani perseguitati, l’esperimento in vitro degli Usa in Iraq per criticare ciò che avviene.
      La controprova, purtroppo, ci è venuta in queste ore dal Kenia dove due suore italiane, Maria Teresa Oliviero e Caterina Giraudo, del Movimento Contemplativo di padre Foucauld,  sono state rapite da un commando di somali che hanno sconfinato e poi, armi alla mano, hanno attaccato la città di Elwak. Immediatamente si sono levate le voci di coloro che hanno visto nell’accaduto una rivalsa dei fondamentalisti islamici contro i missionari cristiani.
      Com’è ovvio, il primo pensiero e la preghiera più intensa devono andare alla salvezza delle due religiose. Ma se vogliamo davvero aiutare i cristiani attaccati nel mondo, e appoggiare i missionari ovunque impegnati, abbiamo il dovere di esaminare i fatti con serietà e giudizio. All’attacco contro Elwak hanno partecipato, secondo le diverse cronache, da 60 a 200 predoni armati, con molti automezzi. Secondo voi, servivano tanti uomini per rapire due donne inermi? Durante l’incursione, sono stati sparati centinaia di colpi e persino un razzo contro la locale stazione di polizia: un pensiero per i keniani feriti e forse morti lo vogliamo fare? Terzo: con le due religiose sono stati rapiti anche diversi keniani di Elwak, il cui numero è tuttora imprecisato. E se fossero stati loro il vero obiettivo del raid?
      In altre parole: nulla, nella dinamica dell’assalto, fa pensare che esso fosse mirato proprio contro le suore. E peraltro è stato lo stesso nunzio vaticano in Kenia, l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin, a escludere qualunque motivazione religiosa. Quindi mi chiedo: perché questa retorica? Non è abbastanza tragica la situazione della Somalia, martoriata da ormai trent’anni dalla guerra civile permanente, dalle carestie, dalle malattie, da un’anarchia violenta che tortura la popolazione e impedisce la stabilizzazione del Corno d’Africa? Abbiamo già dimenticato che pochi mesi fa lo stesso Kenia era sull’orlo della guerra civile a causa delle elezioni presidenziali, con centinaia di morti in scontri che sconvolsero le principali città? Crediamo che le Corti islamiche, cacciate da Mogadiscio con l’aiuto dell’esercito etiope e dei caccia americani, non abbiano obiettivi tragicamente più ambiziosi del rapimento di due religiose? E non ci pare che tra Somalia e Kenia circoli un numero sufficiente di briganti da strada?
      Continuare a leggere qualunque evento nell’ottica dello scontro di civiltà, trascurando fin quasi al disprezzo le realtà locali e gli aspetti particolari dei problemi, non ci aiuta a capire. E se non riusciamo a capire, ancor meno riusciremo ad aiutare i cristiani che vivono in situazioni di frontiera o i missionari che cercano di aiutare loro e gli strati più disperati delle popolazioni che li circondano.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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