MISSILI E NUVOLE, L’IRAN ABBAIA MA NON NON PUO’ MORDERE

      Tre giorni fa, negli Usa, il Dipartimento del Tesoro annunciava una serie di sanzioni ai danni di aziende accusate di aiutare l’Iran a costruire l’arma nucleare, mentre il dipartimento di Stato, in una dichiarazione ufficiale, minimizzava le minacce iraniane e le riduceva a “commenti abituali”. Due giorni fa, i nove missili lanciati dai Guardiani della Rivoluzione, tra cui anche lo Shahab-3, che ha gittata di 2 mila chilometri e potrebbe colpire Israele, hanno fatto di colpo risalire la tensione. Il G8 da Hokkaido si è affrettato a rilanciare il binomio trattative-sanzioni, l’Iran con pari rapidità ha parlato di armi da impiegare “solo contro eventuali aggressori” ma l’episodio ha lasciato il segno. Se aggiungiamo che nei giorni scorsi il presidente Ahmadinejad era tornato a far la voce grossa sul nucleare civile e che Israele ha da tempo chiarito che non assisterà inerte a un eventuale riarmo atomico dell’Iran, è chiaro che le ragioni per preoccuparsi non mancano.
      A costo di entrare di diritto nel club degli ingenui, però, non ci pare di scorgere nella situazione i segnali di una vera escalation militare, dall’uno come dall’altro lato. Quella iraniana è una provocazione vera, e come tale va trattata. Ma l’Iran non ha la bomba atomica e non l’avrà nell’immediato futuro: che cosa farebbe dunque portare al suo Shahab-3? Al di là dell’orgoglio nazionale e di un abbozzo di imperialismo regionale, questa sortita militaresca rivela più che altro la preoccupazione di esibire una capacità di rappresaglia ancora tutta da dimostrare, mentre è più che certa la capacità tecnica degli Usa e di Israele di colpire anche in territorio iraniano.
      A favore dell’Iran giocano invece altri fattori: un eventuale attacco alle sue installazioni nucleari, sparse in vari siti e impianti, provocherebbe molte vittime civili, con un “costo” politico che la Casa Bianca non è pronta a pagare; le truppe americane sparse in Medio Oriente sarebbero oggetto di infinite rappresaglie; il prezzo del petrolio schizzerebbe alle stelle, visto che è bastato il missile di ieri per far salire le quotazioni del 4%. Lo stesso ministro Frattini, in visita a Gerusalemme, ha detto che un attacco di Israele all’Iran sarebbe “un disastro”.
      E’ una situazione di stallo in cui i contendenti strillano e mostrano i muscoli, mentre per entrambi è decisivo il fattore tempo. L’Iran alterna la faccia feroce ai tratti gentili per rinviare ogni scadenza e superare la soglia critica nella corsa al nucleare, per scegliere poi la linea dura o comunque trattare da una posizione di forza. Gli Usa, Israele e ormai anche l’Europa lo sanno e premono in due modi: da un lato con le sanzioni, che non incidono direttamente sulla questione ma rendono sempre più dura la strada a un regime che non ha certo fatto fiorire l’economia; dall’altro, hanno steso intorno all’Iran una rete diplomatica che sta isolando l’Iran. Le trattative di Israele con Hezbollah (Libano), Hamas (Gaza) e Siria, mediate da Germania, Egitto e Turchia, l’occupazione dell’Iraq, l’alleanza degli Usa con i Paesi del Golfo e le rinnovate intese internazionali sull’Afghanistan non sono certo sfuggite agli ayatollah, che infatti hanno sempre più fretta. C’è un unico possibile punto debole in questa strategia: l’atteggiamento verso la Russia. Con astuzia e prudenza il Cremlino sta usando l’Iran, l’unico corridoio rimasto alla Russia verso i mari caldi e il Golfo Persico, contro gli Usa. Non dovrebbe essere impossibile, all’uomo che tra qualche mese s’insedierà alla Casa Bianca, rovesciare un gioco ormai scomodo anche per Mosca.

Pubblicato su Avvenire del 10 luglio 2008.  http://www.avvenire.it
 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top