LE DOGLIE DI HEZBOLLAH

     Wafid Shukair, fino a qualche giorno fa sconosciuto brigadiere generale dell’esercito, potrebbe passare alla storia come l’uomo che ha precipitato il Libano in un’altra guerra civile. Vale la pena di ripercorrere la vicenda, perché racchiude tutta la crisi di un Paese che potrebbe essere un modello di civiltà e benessere e un esempio per tutto il Medio Oriente, e che pare invece aver scelto non di precipitare ma di scivolare in un processo di disgregazione che, proprio per questa torpida ineluttabilità, potrebbe rivelarsi più crudele e definitivo che mai.

     Dunque, Wafid Shukair. Musulmano sciita, era il capo dei servizi di sicurezza dell’aeroporto di Beirut. Tutti sanno che l’aeroporto è controllato dagli sciiti di Hezbollah, le cui roccaforti sono nella stessa zona Sud della capitale. Quando si dice “controllato” si intende proprio quello, alla lettera: dal servizio dei taxi al catering all’affitto degli appartamenti nei palazzoni che strategicamente affacciano sulle piste. Proprio al modo in cui, per esempio, i cristiani controllano l’import-export di medicinali, i musulmani sunniti il settore dell’edilizia, i cristiani ortodossi la finanza. Nello stesso tempo, il rango e il ruolo del generale Shukair, cacciato dall’incarico dopo un consiglio dei ministri durato undici ore, rivelano la trasformazione sociale degli sciiti libanesi: da massa contadina a borghesia capace di scalare i ranghi dell’amministrazione pubblica e del commercio. O da soldati semplici ad alti ufficiali: era uno sciita di Hezbollah anche il responsabile dei servizi di sicurezza che, poche settimane fa, voleva censurare Persepolis, il film tratto dall’omonimo libro di Marjane Satrapi, scrittrice francese di origine iraniana. Proposito poi bloccato dal ministero della Cultura.

     La prima reazione, di fronte a fatti come questi, è pensare che Hezbollah lavori per conto dell’Iran. Se fosse così, il problema sarebbe grave ma non grave com’è oggi. In realtà, la pressione che Hezbollah esercita non solo sul Governo ma sull’intero Libano, è quella di un gruppo che prima è diventato maggioranza relativa (gli sciiti sono, oggi, la comunità più folta), poi ha recuperato parte importante del divario che lo separava dalle élite storiche (cristiani maroniti e ortodossi, drusi, sunniti), infine ha cominciato a pretendere una più favorevole ripartizione del potere. L’effetto, come si vede, è squassante e rischia di rovesciare un assetto maturato nei secoli e certificato da un accordo costituzionale che risale al 1946 ed è stato modificato, ma non certo abolito, nel 1999.

     Da questo punto di vista, il rapporto di Hezbollah con l’Iran complica molto le cose. Lo sceicco Hassan Nasrallah, che pure ha fatto molto per dare al movimento un tono più nazionale e meno religioso, non può tagliare il cordone ombelicale con Teheran che fornisce quattrini, armi, appoggi. Se non lo taglia, però, non può qualificarsi come forza affidabile di governo nemmeno agli occhi di quei libanesi (davvero non pochi) che riconoscono a Hezbollah il “merito” di combattere Israele. Alla fin fine, il problema odierno del Libano sta tutto nelle doglie infinite degli sciiti, nella loro incapacità di proiettarsi, pur forse volendolo, fuori dall’ombra di Teheran per giocare un ruolo nazionale e internazionale autonomo. Nello sforzo senza esito di diventare libanesi senza se e senza ma. Così, mentre le altre comunità stanno attente a non incrinare il sistema confessionalista che ancor oggi assegna ai cristiani una primazia da tempo scomparsa nei numeri ma decisiva per gli equilibrii del Paese, gli sciiti si torcono nelle convulsioni del loro malessere e rischiano di far cadere l’intera impalcatura.

Pubblicato su Avvenire dell’8 maggio 2008    http://www.avvenire.it

Per Hezbollah: http://www.hizbollah.tv  

Per la televisione e la comunicazione del movimento sciita dello sceicco Hassan Nasrallah:   http://www.almanar.com.lb

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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