DISASTRO SCIITA. E GLI USA NON C’ENTRANO

     L’interpretazione corrente è: gli Usa ordinano e il governo iracheno fa. O almeno fa finta di fare, approfittando dell’inevitabile tolleranza a cui è costretto il potente alleato dalla mancanza di interlocutori più decenti del premier Nur al Maliki e del suo governo sciita, sostenuto dal partito Dawa e dal Supremo Consiglio Islamico dell’Iraq. Una palese dimostrazione di tutto questo l’abbiamo avuta con la settimana di combattimenti (800 morti) che ha sconvolto la capitale Baghdad e Bassora, la grande città del Sud, e che si è conclusa con una tregua che, a quanto pare, è stata “orchestrata” dall’Iran.    Ad affrontarsi, le truppe del governo iracheno, guidate da Nur al Maliki in persona, trasferitosi fino a Bassora proprio per guidare le operazioni sul campo, e le milizie del leader sciita Moqtada al Sadr, un radicale sciita dai toni populisti più volte dato per politicamente morto ma sempre capace di risorgere. Per farla breve: dal punto di vista militare l’operazione è stata un fallimento, le milizie di Moqtada hanno resistito con efficacia e sono riuscite a conservare gran parte della loro capacità di fuoco. Tanto che a Bassora, vista la mala parata, gli americani sono stati costretti a intervenire con i bombardamenti aerei per evitare un’umiliazione alle truppe governative. Lo stesso ambasciatore Usa a Baghdad, Ryan Crocker, ha poi criticato il fatto che Al Maliki avesse deciso di scatenare l’operazione senza un’adeguata preparazione. E Moqtada, per parte sua, ha promesso di portare il 9 aprile un milione di persone a Baghdad per protestare “contro l’occupazione”.    E dal punto di vista politico? L’unica cosa chiara è che Nur al Maliki, con questa operazione, non ha voluto riportare l’ordine a Bassora, come più volte dichiarato, ma piuttosto regolare i conti con un rivale, Moqtad al Sadr appunto, che resta molto popolare presso la gente e che insidia la supremazia politica del Dawa e del Supremo Consiglio Islamico, cioè i partiti che sostengono il suo governo. Il tutto sperando di cogliere una vittoria clamorosa in vista delle elezioni provinciali previste per primo di ottobre.    Da questo punto di vista è opportuno ricordare alcuni dati già pubblicati dai ricercatori della Brookings Institution: nel 2008 la cifra media trasferita dal governo centrale alle singole province dell’Iraq dovrebbe toccare quota 100 milioni di dollari (furono 50 nel 2007 e 25 nel 2006), una quota irrisoria se pensiamo a quanto l’Iraq incassa producendo ogni giorno circa 2,4 milioni di barili di petrolio (più o meno quanto se ne produceva prima della caduta di Saddam e con quindici anni di embargo alle spalle). Da non trascurare: l’Iraq, secondo le indagini di Transparency International, è al posto 178 nel mondo per corruzione, peggio sta solo la Somalia. non proprio la situazione ideale per presentarsi in ottobre agli elettori…    Al Maliki, dunque, ha cercato di spacciare un banale regolamento di conti tra fazioni sciite per un’operazione di governo, trascinando nel pasticcio gli americani, costretti a proteggerlo dalla sua stessa impreparazione. Ecco il bilancio dal punto di vista politico: Iran maestro dei giochi diplomatici tra sciiti; Moqtada più popolare di prima; il prestigio dell’esercito del nuovo Iraq più depresso di prima; la gente più scontenta che mai. E questa volta, diciamolo chiaro, gli americani colpe non ne hanno.http://www.brookings.edu              http://www.transparency.org      

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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