È impossibile prevedere quando e come i Paesi dell’Occidente usciranno dalla crisi indotta dal virus. Sappiamo invece che cosa succederà, a quel punto, nei Paesi del Medio Oriente: una nuova, ancor più disperata ondata di proteste. L’emergenza sanitaria, infatti, è riuscita in un’impresa che governi, polizie ed eserciti avevano mancato. Ovvero interrompere le proteste che, in Iraq, Iran, Algeria, Libano ed Egitto, scuotevano regimi giudicati inadempienti o fallimentari da larghe o larghissime fasce della popolazione. Una specie di seconda primavera araba che è stata messa a tacere dalla paura del contagio. Anche se i problemi che l’avevano generata sono ancora tutti sul tappeto. Dall’inefficienza degli apparati amministrativi alla corruzione di sistemi di governo a dir poco opachi: una ricerca della Banca Mondiale ha calcolato tra il 7 e il 14% la percentuale di reddito sottratta ogni anno ai cittadini dalle ruberie istituzionalizzate. Dall’instabilità permanente alla violenza nel rapporto tra Stato e cittadini alla disoccupazione o l’occupazione informale senza garanzie né prospettive.
Prima del virus, i protagonisti delle manifestazioni erano i giovani e i giovanissimi, che incarnano il vero drammatico problema della regione. In Medio Oriente bambini, adolescenti e giovani (fino ai 25 anni) formano il 50% della popolazione totale. Un enorme serbatoio di energie perennemente deluso e quindi, come abbiamo visto in questi anni, pronto a far esplodere rabbia e sfiducia.
Quando il virus sarà messo sotto controllo, i governi di quei Paesi dovranno trovare le risorse per rimediare ai danni subiti. Non potranno certo mobilitare le risorse di cui si parla in Europa o in America. E non troveranno facile accesso alle casse dei Paesi occidentali, a loro volta già impegnati allo spasimo. In più, è drasticamente calato il flusso delle rimesse degli emigrati (meno 100 miliardi di dollari nei primi tre mesi della crisi), risorsa che teneva in equilibrio il bilancio di milioni di famiglie mediorientali. Stiamo parlando di governi che già avevano tradito le attese dei loro cittadini e che hanno approfittato del clima plumbeo del virus per reprimere ancor più il dissenso e la critica. Possiamo davvero aspettarci che di colpo, dopo la crisi, trovino le risorse ma soprattutto il coraggio, l’energia, la capacità e l’onestà per essere all’altezza della sfida? Toccherà di nuovo ai giovani suonare l’allarme. E speriamo che il bilancio non diventi troppo drammatico.