URSS O RUSSIA, CON GLI USA E’ SEMPRE GUERRA FREDDA

urssVladimir Putin a bordo di una nave militare russa.

Anthony Dolan, chi era costui? Anzi, chi è, perché Dolan è sui 70 anni e, per quel che se ne sa, gode di ottima salute. Questo giornalista, che nel 1978 aveva vinto il Premio Pulitzer per una serie di articoli sulla corruzione nell’amministrazione pubblica, il 17 novembre del 1981 era stato nominato capo degli speech writer del presidente Ronald Reagan, carica che mantenne fino al 1989. In quella veste, nel 1983, Dolan scrisse uno dei discorsi più importanti che Reagan abbia pronunciato e formulò una delle espressioni più note e citate della storia contemporanea: l’impero del male, riferito all’ Urss che anche allora, guarda guarda, era governata da un uomo uscito dai servizi segreti, l’ex presidente del Kgb Jurij Andropov.

Il discorso fu tenuto dal Presidente Usa l’8 marzo 1983, appunto, durante la convention annuale dell’Associazione nazionale degli evangelici a Orlando, in Florida. Reagan, come sempre ben sintonizzato sull’uditorio, disse che nel mondo agivano il male e il peccato e ribadì: «Noi abbiamo ricevuto dalle Scritture e da Gesù l’ordine di combatterli con tutte le nostre forze». Aggiunse poi che i comunisti russi di quel male e peccato erano l’apice, con la loro ambizione a dominare tutti i popoli della terra. Poi concluse con la nota politica: «Nelle discussioni sul congelamento dell’arsenale nucleare guardatevi dalla tentazione… di ignorare i fatti storici, gli impulsi aggressivi di quell’ impero del male… e così sottrarvi alla lotta tra il giusto e l’ingiusto, tra il bene e il male».

Come hanno sottolineato gli studiosi della Guerra Fredda, il punto cruciale per Reagan, che veniva dopo Presidenti inclini alla distensione, era affermare che l’ Urss non poteva in alcun modo ambire a una legittimazione politica pari a quella delle nazioni occidentali. Seguì quel che sappiamo. Il livello del confronto con l’ Urss fu innalzato, per rispondere all’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Armata Rossa furono sollecitati e aiutati i movimenti islamisti, in Europa furono dispiegati i cosiddetti “euromissili”, Andropov morì all’inizio del 1984, il sistema sovietico andò al collasso, venne la perestrojka e l’Occidente vinse (provvisoriamente) la partita con l’Urss

Sono passati molti anni e sono cambiate molte cose ma la situazione odierna ha molti punti di contatto con quella di allora. Reagan aveva strappato la presidenza a Jimmy Carter promettendo di aumentare gli investimenti per la Difesa, e Donald Trump ha fatto lo stesso. Gli Usa degli anni Ottanta, dopo la spedizione afghana dei russi, avvertivano l’urgenza di ridimensionare l’ Urss, e lo stesso problema, dopo la Siria e l’Ucraina, tormenta gli Usa di oggi. Reagan strinse un’alleanza di ferro con Margaret Thatcher che, proprio nel 1984, andò al vertice europeo di Fontainbleau a strappare condizioni di speciale favore alla Ue, e Trump tenta di fare lo stesso con il Regno Unito post-Brexit. Anche la retorica di destra in fondo è la stessa. L’ Urss aveva “impulsi aggressivi”, era cattiva di per sé. Non è la stessa cosa che diciamo oggi anche dell’islam, che è aggressivo e cattivo di per sé, per sua natura?

La differenza è che oggi tutto è più pericoloso. Lo si vede anche dal “caso Skripal”. Sostenere che l’ex colonnello del Gru (servizi segreti militari), che venticinque anni fa aveva passato agli inglesi i nomi delle spie russe in Europa, fosse ancora un fastidio per Vladimir Putin e che questi possa aver ordinato di eliminarlo, per giunta in modo così goffo, è quasi una barzelletta. Però Skripal rischia la vita insieme con la figlia Yulia, il gas nervino è stato usato e in due giorni si è formata una specie di Nato ristretta (Regno Unito, Usa, Francia e Germania) che traina i Paesi più riluttanti (come l’Italia) verso uno scontro con la Russia, vista come una seconda Urss. Verso un altro “pezzetto” di quella Terza Guerra mondiale di cui a suo tempo parlò papa Francesco.

Negli anni Ottanta, scontro poteva voler dire spionaggio, sovversione nei Paesi alleati al nemico, guerra tradizionale, guerra nucleare. Ipotesi, queste ultime, a cui nessuno davvero credeva. Oggi invece la guerra c’è anche in Europa, come la tragedia dell’Ucraina e delle sue regioni orientali testimonia. Ogni giorno sentiamo vantare, che sia Trump o Putin a farlo, i nuovi livelli degli arsenali atomici. E soprattutto, oggi esistono modi di farsi la guerra che allora non potevamo nemmeno immaginare. Gli hackers (non quelli delle fake news o delle elezioni americane, che sono sciocchezze) possono intromettersi, dall’una e dall’altra parte, nei sistemi di sicurezza degli uffici ma anche in quelli delle centrali nucleari o degli aeroporti o di altri servizi essenziali. L’economia può essere usata come un randello contro questo o quel Paese, per rallentarne o comprometterne lo sviluppo. Le risorse energetiche, sia quelle tradizionali sia quelle ottenute con le nuove tecniche estrattive, possono diventare un’arma di pressione o ricatto. Se le dinamiche sono quelle vecchie, il mondo è quello nuovo, ipertecnologico e globalizzato. Con i rischi che questo comporta.

Pubblicato su Avvenire del 16 marzo 2018

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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