CURDI, UN INCUBO LUNGO UN SECOLO

curdiBambini curdi del Rojava.

Quasi nelle stesse ore, se le prime notizie troveranno conferma, i curdi sono stati sia vittime sia carnefici. Vittime in Iraq, e non sarebbe certo la prima volta, perché a Mosul i miliziani dell’Isis hanno bruciato vive 19 ragazze curde che non volevano diventare loro schiave sessuali. Carnefici a Istanbul dove una cellula di terroristi curdi, e non sarebbe certo la prima volta, ha fatto esplodere una bomba presso l’Università, uccidendo 7 agenti di polizia e 5 civili.

Se allarghiamo il quadro, possiamo aggiungere che per molti mesi i curdi iracheni sono stati una delle più efficaci barriere al dilagare dell’Isis e l’unico rifugio per centinaia di migliaia di profughi, in larga parte cristiani. E oggi, con i reparti del Pyd, formano la spina dorsale delle Forze democratiche siriane che, appoggiate dagli Usa, incalzano gli islamisti nel Nord della Siria. Mentre per molti anni il terrorismo curdo ha ingaggiato con la repressione turca una battaglia feroce e ha lasciato sul campo, solo negli ultimi due anni, decine di morti innocenti.

È un destino, quello dei curdi, che non deve sorprendere. Anzi: è l’inevitabile prodotto delle logiche spartitorie che all’inizio del secolo le potenze occidentali, Francia e Gran Bretagna e Stati Uniti, applicarono nei confronti del Medio Oriente, considerato mero bottino per i vincitori della prima guerra mondiale. Basta pensare che nel 1920 il Trattato di Sèvres garantì ai curdi la nascita di un Stato indipendente mentre già nel 1923 il Trattato di Losanna si rimangiava tutto, riconoscendo quanto ottenuto con le armi da Mustafà Kemal Ataturk, padre dell’attuale Turchia.

Curdi, la nazione senza Stato

Da allora i curdi, 25 milioni di persone disperse tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, cioè la più grande nazione senza Stato del mondo, vivono nel rimpianto di quel Grande Kurdistan che doveva essere e non fu. Il problema è stato acuto in Iraq (Saddam Hussein cercò di soffocare le loro aspirazioni con le baionette e i gas, ora il Kurdistan iracheno gode di uno status di quasi indipendenza) e lo è tuttora in Turchia. Si replica da decenni, qui, uno scenario “ceceno”. Il separatismo dei curdi è vissuto come un tentativo di infrangere l’integrità territoriale del Paese, quindi trattato come una minaccia alla sicurezza nazionale. Nello stesso tempo, il Kurdistan turco è lasciato in un’arretratezza (il reddito pro capite è metà della media turca) che rinvigorisce le aspirazioni all’indipendenza, poi infiammate dalla repressione. Negli anni scorsi si è avuta una breve schiarita politica. Ma troppi sono ormai i rancori e troppi coloro ai quali conviene prolungare la stagione dello scontro. Così si è tornati alle bombe nelle strade turche e ai carri armati nelle città curde.

La crisi della Siria ha offerto ai curdi una nuova possibilità. Gli sconquassi della guerra hanno consentito loro di ritagliarsi il controllo dei tre distretti di Afrin, Rojava e Jazira, in territorio siriano ma al confine con la Turchia. Posizione che consente la continuità territoriale con il Kurdistan iracheno. Una prospettiva inaccettabile per Erdogan, che rischia di veder nascere un mini Grande Kurdistan proprio mentre i ribelli sunniti da lui sponsorizzati in Siria mancano al compito di abbattere Assad. Un successo che, però, riporta i curdi agli incubi d’inizio secolo. Possono fidarsi degli americani, che ogni giorno rinnovano le promesse di fedeltà all’alleato turco, o rischiano di combattere per conto terzi e poi essere, ancora una volta, abbandonati?

È una delle tante questioni aperte in Medio Oriente. E non delle minori, visto che potrebbe destabilizzare non solo la già sfasciata Siria ma anche Turchia, Iraq e Iran. Cosa di cui non si sente certo il bisogno.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 7 giugno 2016

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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