TU CHIAMALA, SE PUOI, INTIFADA (2)

intifada

Ripubblico qui, diviso in tre parti, il reportage su Israele e Palestina che ho scritto per Famiglia Cristiana. Seconda parte.

Tra Gerusalemme e Betlemme ci sono 7,34 chilometri. In mezzo c’è quella cosa che alcuni chiamano Muro e altri Barriera e che chiameremo invece Catena. Perché lega in un abbraccio di rancori israeliani e palestinesi che si sentono lontanissimi ma non possono separarsi.

SCENA SECONDA, BETLEMME AIDA. Aida è quello che viene chiamato “campo profughi” palestinese. Ma è vecchio 60 anni, quindi in realtà è una piccola città. La casa di Shadi Abedallah, un tagliapietra con moglie e quattro figli, è in pratica all’ombra della Catena. Così, quando suo figlio Abdurrahman detto Abdu, 13 anni, è stato colpito, gli altri ragazzini sono arrivati subito ad avvertirlo. «Non è grave, non è grave », mi dicevano, «ma in cuor mio non ci credevo». E infatti Abdu è arrivato morto in ospedale.

Tahmir, il cugino, stava giocando con lui dopo la scuola: «Abbiamo sentito uno sparo e siamo corsi a vedere. Poi ci sono stati altri tre colpi e Abdu è caduto». Il tratto di strada parallelo alla Catena, dove Abdu correva con gli amici, è sotto l’occhio delle telecamere di sicurezza del centro sociale del campo.

Video intifada

Nel video, ovviamente finito su Facebook e YouTube, si vedono i ragazzini correre avanti, sparire, poi correre indietro con uno più grande che porta via Abdu. Nessun adulto, nessun tumulto. Solo una fucilata partita, dicono qui, da una torre di controllo israeliana. L’intifada e l’anti intifada colpiscono anche quando non ci sono.

Poi le foto: una porta si apre, escono due soldati, uno punta il fucile, guardano per un po’, poi si ritirano. Shadi Abedallah, il padre, è intontito dal dolore. «Dicono che volevano portare via il corpo per non lasciare tracce. Ma io non so, l’unica cosa che faccio nella vita è portare da mangiare ai gli, e adesso questo. Non capisco».

La madre, come si conviene tra musulmani, non compare. Il suo dolore non si vede, non si sente, non si racconta.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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