DOPO ASSAD, SOLITA RISSA USA-RUSSIA

dopo assadIl dittatore siriano Bashar al-Assad.

Dopo quasi quattro anni di guerra e più di 250 mila morti, dei quali almeno 70 mila civili, mezzo mondo mostra di colpo la volontà di intervenire in Siria. La Francia ha fatto decollare i suoi caccia contro l’Isis. La Gran Bretagna sta per autorizzare nuove incursioni dei droni e, anzi, fa sapere di avere una lista di miliziani più o meno illustri da eliminare. La Turchia, tra un bombardamento e l’altro contro i curdi, sconfina e attacca l’Isis, dopo aver concesso le proprie basi agli incursori della coalizione a guida americana e saudita. Per non parlare della Russia: da anni soccorre il dittatore Assad con armi e consiglieri militari; ora avrebbe inviato nuove armi e, novità clamorosa, reparti delle truppe speciali.

Un attivismo troppo improvviso per non essere sospetto. Non tutte le mosse hanno lo stesso peso e certo le trombette di guerra di Londra e Parigi cambieranno ben poco sul terreno. Però tutti danno la sensazione di pensare già al dopo (dopo guerra, dopo Assad, dopo Isis) e di volersi piazzare per avere qualcosa da pretendere al tavolo dove i grandi si divideranno le spoglie della Siria. Usa e Arabia Saudita per spostarla dall’orbita sciita (leggi Iran) a quella sunnita. La Turchia per scongiurare, anche avanzando il confine di qualche decina di chilometri, l’eventuale nascita di un Kurdistan indipendente. Francia e Gran Bretagna per il prestigio e anche perché, dovendosi in qualche modo acconciare ad accogliere i rifugiati giunti in Europa, vogliono mostrare agli elettori che non stanno con le mani in mano di fronte al flusso migratorio legato alla guerra.

Dopo Assad, tra Usa e Russia

Ma la vera partita sul dopo Assad, alla fin fine, si gioca ancora tra Stati Uniti e Russia. I primi hanno dalla loro la potenza economica e militare e la storica alleanza con i Paesi musulmani sunniti, che in Medio Oriente formano circa il 90% della galassia islamica. Il problema è che, in nome e per conto di questa alleanza, la Casa Bianca si è imbarcata in una serie di disastri, dall’invasione dell’Iraq alla gestione della crisi siriana: all’inizio tenendosene fuori, poi lasciando mano libera all’Arabia Saudita, quindi illudendosi di controllare l’opposizione sempre più islamizzata ad Assad, infine cercando di cuocere l’Isis a fuoco lento nella speranza che nel frattempo eliminasse il regime di Damasco. Per ritrovarsi con l’Isis sempre più potente, il Medio Oriente sempre più devastato, l’Europa invasa di profughi siriani e Vladimir Putin pronto ad approfittarne.

E’ giusto dire, come fa Obama, che non c’è un dopo Assad perché non c’è ruolo futuro per Assad. Ma è un po’ poco, perché per ora l’unica reale alternativa è l’Isis, e non è consolante. Infatti moltissimi siriani, proprio pensando al dopo Assad, continuano a combattere per il regime, piuttosto che rassegnarsi a farsi governare dai tagliagole islamisti. In questo quadro prova ora a inserirsi il Cremlino. Putin ha già detto che Assad sarebbe pronto a dialogare con l’opposizione democratica. Difficile credergli, perché il dittatore poteva dialogare quattro anni fa, invece di far sparare alla gente. Ma la proposta di Obama qual è? La Russia, inoltre, ha tutto l’interesse a sorreggere la Mezzaluna fertile sciita (Iran, Iraq, Siria e Libano) che fa da contraltare al dominio sunnita del Medio Oriente. Per ragioni strategiche, perché il rapporto con l’Iran consente alla Russia un saldo insediamento in una regione cruciale per i rapporti con l’Asia. Economiche, perché la Russia ha bisogno di avere un’influenza sui mercati internazionali del gas e del petrolio. E politiche, per bilanciare l’espansionismo Usa che in Europa è ormai arrivato in Ucraina, cioè ai suoi confini.

E così, anche dal carnaio siriano e dalle dispute sul dopo Assad riemergono i contorni dell’eterno dualismo Usa-Russia. I due Paesi, nel carattere nazionale, si somigliano molto più di quanto vorrebbero. Ma sono stati costruiti dalla Storia in modo tale (pensiamo solo alla sete di energia a basso prezzo degli Usa e al bisogno che ha la Russia di vendere energia al prezzo più alto possibile) da essere inevitabilmente e irrimediabilmente rivali.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo dell’11 settembre 2015

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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