Molto opportunamente Federica Mogherini, Alto rappresentante della Ue per la politica estera e di sicurezza, ha citato papa Francesco nel suo discorso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in particolare quell’intervento in cui il Pontefice disse: “La storia dei migranti ci fa piangere, ci fa vergognare”. Perché è con un certo tasso di vergogna che l’Europa dei 28 Stati uniti, dei 500 milioni di abitanti e del potente blocco economico (con il 7% della popolazione mondiale gestisce il 20% dell’import-export mondiale) si è recata all’Onu per farsi dare un aiuto e una spinta a decidere qualcosa (qualunque cosa) sull’emergenza migranti.
Inviando la Mogherini a New York, infatti, la Ue butta il cuore oltre l’ostacolo delle proprie esitazioni e delle ipocrisie nazionali: quelle che hanno consentito ai Paesi del Nord Europa di trincerarsi dietro il Trattato di Lisbona (che impone la richiesta di asilo nel primo Paese toccato dai migranti) per lasciare soli i Paesi affacciati sul Mediterraneo e far finta di niente, disconoscere un problema che è planetario (da circa 35 anni è fissa la quota della popolazione mondiale che si sposta e cerca di accasarsi in altri Paesi: circa il 3%), investe tantissimi Paesi (in Libano ci sono un milione e 200 mila profughi siriani su 4 milioni e 300 mila abitanti) e tocca l’Europa in modo serio ma non ingestibile, se nel tracollo del 2014 le richieste di asilo sono state in tutta la Ue e da tutte le nazioni extraeuropee circa 600 mila su, appunto, 500 milioni di abitanti.
La Ue ha presentato all’Onu un piano in quattro punti che possiamo così riassumere: aiuti ai Paesi da cui i migranti partono e attraverso i quali transitano; controlli delle frontiere a Sud della Libia; missioni contro gli uomini e i mezzi del traffico di migranti; e suddivisione dei profughi per quote in tutti i Paesi della Ue. La Mogherini ha detto all’Onu che “non c’è una soluzione militare al problema” ma è piuttosto chiaro il ragionamento implicito nella sua missione: se l’Onu approverà una qualche forma di intervento contro le basi del traffico di esseri umani, e collaborerà con essa, sarà più facile convincere i Governi europei riottosi a fare la loro parte nella distribuzione e nell’accoglienza dei migranti. Il tutto, se possibile, entro il Consiglio europeo di giugno.
Migranti, l’Europa si muove
Dopo anni di colpevole inerzia, l’Europa finalmente si è data una mossa. Positivo, in particolare, il ricorso, annunciato dalla Commissione europea, all’articolo del Trattato di Lisbona che autorizza, in presenza di “una situazione di emergenza caratterizzata da un improvviso afflusso di cittadini di Paesi terzi”, l’adozione di misure speciali, anche se temporanee. E’ il grimaldello legale che consentirà di affrontare il problema della redistribuzione dei profughi senza subire le forche caudine dei voti all’unanimità.
Ma è una mossa non privi di rischi. Per l’Europa, che deve ottenere l’approvazione dei cinque membri di diritto del Consiglio di sicurezza Onu: quello di Francia e Gran Bretagna è scontato, quello della Cina, della Russia attaccata dalle sanzioni europee e degli Usa possibile ma non certo. E soprattutto per l’Italia, che in ogni caso resterà sulla prima linea delle migrazioni del Mediterraneo. Quando si parla di azioni di forza (perché di questo si tratterà, contro i trafficanti), per di più in un Paese nel caos come la Libia, si sa con certezza solo dove si comincia. Dove si finirà lo si scoprirà solo in seguito, proprio com’è successo nel 2011, con la guerra anche allora promossa da inglesi e francesi e approvata, con tanto di risoluzione, anche dall’Onu.
Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 12 maggio 2015
Segui anche “Gerusalemme, Damasco e dintorni”, il blog sul Medio Oriente di Famiglia Cristiana