I BARCONI CHE NON RIUSCIREMO A FERMARE

barconiIl cargo moldavo "Blue Sky M", arrivato a Gallipoli con 970 migranti a bordo.

La nave con i 970 migranti o profughi, in gran parte pakistani e siriani, approdata ieri a Gallipoli è la perfetta dimostrazione di quanto solo i prevenuti, o gli speculatori politici alla Matteo Salvini, potevano far finta di non capire: non era Mare Nostrum a richiamare i barconi dei migranti. Da quando l’operazione Mare Nostrum è finita, anzi, i flussi non sono nemmeno rallentati, nonostante che le condizioni del mare siano assai peggiorate con l’inverno. Siamo tuttora sui 10 mila arrivi al mese, ovvero poco meno delle quote che hanno fatto del 2014 l’anno record dei barconi. E ci sono state ovviamente molte vittime, proprio come prima che Mare Nostrum lasciasse il posto all’operazione Ue detta Triton.

La ragione di tutto questo è molto semplice. Le cause che provocano la partenza dei barconi sono sempre lì: instabilità, guerra e povertà in vaste zone di Medio Oriente, Africa e Asia. Il cialtronismo italico, invece, preferisce raccontarsi la storiella che i migranti vengono a rubarci pane e lavoro. Anche se il numero degli immigrati in Italia è in calo da anni (meno 27% di ingressi tra 2007 e 2012, informa l’Istat), il nostro Paese è sempre meno appetibile per chiunque (se ne vanno anche gli italiani: 82 mila emigrati nel 2014) e in ogni caso la stragrande maggioranza di chi arriva in Italia sui barconi vuole andare altrove in Europa.

Barconi e frontiere

Così stanno ancora tutti a chiedersi quale sia il modo migliore per sigillare le nostre frontiere, e nessuno che abbia quel minimo di onestà intellettuale da spiegare che quel modo non esiste. Non c’è modo di sigillare le nostre frontiere. Punto.

Anche qui, la ragione è semplicissima. L’Italia è investita dalle flotte di barconi del Mediterraneo esattamente come la Grecia e la Spagna. Ma rispetto a quei Paesi ha un enorme svantaggio: non ha un confine di terra e quindi non può erigere alcun muro di contenimento. La Spagna ce l’ha, nella sua enclave sulla costa dell’Africa del Nord, a Ceuta e Melilla. Anche la Grecia ce l’ha, e infatti sta costruendo un muro lungo il fiume Evros, al confine con la Turchia: nel 2011 è stato inaugurato un primo tratto di 15 chilometri, poi da muro il tutto è stato trasformato in in barriera di reticolati e filo spinato per ragioni di costi.

Bella o brutta che sia (e personalmente la trovo orrenda), questa precauzione (analoga al muro tra Usa e Messico o a quello di Israele nel Sinai) l’Italia non può averla, perché il nostro confine è tutto sull’acqua. E dopo che i barconi sono riusciti a partire, a noi restano poche alternative. In pratica solo due: li salviamo e li accogliamo in qualche modo (con tutto quel che poi ne consegue: esaminare le richieste di asilo e/o protezione; decidere chi ne ha diritto e chi no; sistemare chi ha diritto, rimpatriare chi non ce l’ha), oppure li lasciamo annegare o li respingiamo in mare aperto, che equivale più o meno a farli annegare.

La realtà è questa. Il resto sono le solite chiacchiere.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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