In Tunisia si sono svolte le elezioni politiche e le ha vinte il partito laico Nidaa Tounes (Appello per la Tunisia), che ha superato il partito islamico Ennhadha (Rinascita) abbastanza nettamente. Questo il telegramma dei fatti, che dice poco di quanto è realmente successo. Intanto, si tratta della seconda tornata elettorale svoltasi in piena regolarità e democrazia a partire dal 2011, l’anno della Primavera che cacciò il satrapo e dittatore Ben Alì. Detto così pare poco ma è moltissimo: passare da un regime autoritario durato 23 anni a un avvicendamento in forma democratica è un successo enorme, infatti non ripetuto in Libia, Egitto, Bahrein o Yemen, per citare i Paesi che hanno vissuto altre Primavere.
E non è poca cosa nemmeno quanto è successo nello specifico della Tunisia. Ennahdha, il partito islamico, nel 2011 aveva ottenuto un mandato larghissimo (alle elezioni aveva ottenuto il 42% dei consensi) per gestire la transizione e poi anche l’Assemblea costituente che aveva tracciato, e infine fatto approvare nel gennaio di quest’anno, il testo della nuova Costituzione. Ennahdha ha ora accettato la sconfitta elettorale, dando una seconda prova di grande maturità politica.
La Tunisia islamica ma non troppo
La prima era arrivata proprio con il lavoro sulla nuova Costituzione che, caso unico nei Paesi islamici, non fa riferimento alla sha’ria né ai testi sacri dell’Islam come base per la legislazione civile. Anzi: nel tentativo di accreditarsi come partito politico moderno e non (solo) confessionale, Ennahdha ha di sicuro sacrificato qualche percentuale di consenso elettorale. Con un’affluenza alle urne superiore al 60%, è possibile che molti di coloro che oggi non hanno votato, avrebbero invece votato Ennahdha se la radice islamica fosse stata più evidente.
Ora la formazione del nuovo Governo della Tunisia tocca a Nidaa Tounes e al suo anziano leader, Beji Caid Essebsi, 88 anni, ex pezzo grosso dei Governi di Habib Bourguiba e dello stesso dittatore Ben Alì, che ha fondato il partito solo due anni fa, nel 2012. E’ assai probabile che Nidaa Tounes sia, al proprio interno, meno democratico di Ennahdha. Certo è più difficile da decifrare, radunando personaggi laici e di sinistra ma anche vecchi rais del passato regime. Certo la crescita così rapida dimostra che gode di buoni mezzi, e infatti si dice che sia finanziato dall’Arabia Saudita, così come Ennahdha è sostenuto dal Qatar.
Essebsi non ha l’età per reggere gli impegni del governo e con ogni probabilità sarà candidato alla presidenza della Repubblica nelle elezioni di novembre. Dobbiamo quindi ancora scoprire chi sarà il vero “uomo forte” della prossima Tunisia. La prova del nove, comunque, verrà dal modo in cui saprà gestire la profondissima crisi economica. Ennahdha aveva deluso da questo punto di vista e la sconfitta elettorale arriva anche per questa ragione.
Comunque sia, la Tunisia ha dato una prova di democrazia che nel grande e sanguinoso caos del Medio Oriente brilla come una piccola stella polare.
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