ARAB BANK E IL VITALIZIO AI KAMIKAZE

Arab BankUna filiale della Arab Bank al Cairo.

Arab Bank . Mai sentita nominare? Dovrebbero, almeno tutti quelli che sproloquiano sul solito “islam moderato”, di solito identificato con i Paesi alleati degli Usa, Arabia Saudita wahabita e finanziatrice del terrorismo compresa. Qualche giorno fa, un tribunale di New York ha dichiarato che Arab Bank, colosso bancario del Medio Oriente fondato 87 anni fa (oggi 600 filiali in 30 nazioni, un capitale di quasi 47 miliardi di dollari e una lista di riconoscimento internazionali lunga un chilometro), è colpevole di sostegno al terrorismo. In un ulteriore grado di giudizio sarà stabilito l’indennizzo da versare ai querelanti, una somma che si conterà in miliardi.

La causa, denominata “Linde contro Arab Bank” dal nome dci uno dei querelanti, era stata avviata dieci anni fa dalle famiglie dei 39 cittadini americani (quasi tutti, ovviamente, anche cittadini di Israele) rimasti uccisi e dei 102 feriti in Israele, Gaza e Cisgiordania durante l’intifada condotta da Hamas nei primi anni Novanta. Il tribunale americano ha condannato Arab Bank soprattutto in base a due considerazioni: la banca trasferì fondi ai capi di Hamas e amministrò in quel periodo un fondo istituito dall’Arabia Saudita per compensare con 5.316 dollari le famiglie degli attentatori kamikaze e dei palestinesi morti durante l’intifada. Poiché Hamas negli Usa è dal 1997 sulla lista delle organizzazioni terroristiche, i familiari delle vittime hanno trascinato in tribunale Arab Bank quale complice. E il tribunale ha dato loro ragione.

Arab Bank e le altre

La questione ha molte sfaccettature, anche interne alla politica americana. I ministeri del Tesoro e della Giustizia hanno premuto perché la banca fosse messa sotto accusa. Il Tesoro anche perché, avendo Arab Bank un “ramo” in Svizzera, il processo si presta a essere usato come un grimaldello contro il segreto bancario della Repubblica elvetica. Al contrario, il Dipartimento di Stato (il potente ministero degli Esteri degli Usa) avrebbe preferito una conciliazione. Per almeno due ragioni. La prima: se la sentenza contro Arab Bank passasse in giudicato, molte banche di molti Paesi potrebbero avere “grane” simili. C’è un gruppo di 30 famiglie americane, per esempio, che ha una causa in ballo con il Crédit Lyonnais più o meno per le stesse ragioni.

La seconda ragione è che la Casa Bianca non tiene affatto a che escano certi segreti inconfessabili dei suoi alleati prediletti in Medio Oriente. Perchè non c’è solo l’Arabia Saudita di mezzo, con i soldi versati ai parenti dei kamikaze. C’è anche il fatto, ancor più importante, che Arab Bank è un colosso nato, cresciuto e prosperato in Giordania, altro tradizionale alleato della Casa Bianca. Se poi uno va a farsi un giro nel sito di Arab Bank, scopre senza difficoltà che il 99% dei membri del Consiglio d’Amministrazione ha studiato e vissuto negli Usa.

Ennesima dimostrazione, tutta questa vicenda di Arab Bank, che quando in Occidente si parla di “islam moderato” si vuol dire solo “i nostri alleati”, del tutto a prescindere da ciò che questi poi fanno. Moderato o sfrenato che sia.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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