YEMEN, LA LUNGA MARCIA DEGLI SCIITI

Yemen sciitiUna manifestazione degli sciiti dello Yemen.

Yemen – Confinata nelle brevissime degli Esteri (quando c’è) è apparsa la notizia che nello Yemen i ribelli sciiti Hawthi, dopo dieci anni di rivolta armata, sono arrivati alla capitale San’aa, dove hanno preso il controllo di una serie di edifici fondamentali: ministeri, l’università, una base militare, la Banca centrale. Come conseguenza, il primo ministro sunnita Mohammed Basindwa ha dato le dimissioni, e il presidente Abdrabbuh Hadi ha dovuto rassegnarsi a patteggiare un “cessate il fuoco”.

I termini della questione sono una specie di riassunto di tutte le questioni aperte del Medio Oriente. L’insurrezione degli sciiti dello Yemen, ispirata e guidata agli inizi dall’ex arlamentare Hussein Badreddin al-Hawthi, e la repressione del governo sunnita. Gli uni che gridano alla persecuzione e gli altri al colpo di Stato. Non mancano nemmeno “piatti” più gustosi: nel 2009 i ribelli Hawthi, che hanno la roccaforte a Nord-Ovest, nella provincia di Sa’dah, si sono scontrati con l’esercito dell’Arabia Saudita, intervenuto a sostegno dell’allora dittatore dello Yemen Abdallah Saleh (poi deposto nel 2012), e poco dopo sono stati pure bombardati (28 incursioni) dai droni degli Usa.

Yemen, Obama e Saleh

Chi sono dunque i cattivi dello Yemen? Qualche tempo fa, come si vede dalla cronaca, nessun dubbio sarebbe stato possibile: i perfidi sciiti, come al solito. E infatti Barack Obama, favorendo e poi gestendo il cambio di regime nel 2012, si era ben guardato dal muovere foglia. E in un’elezione a candidato unico, aveva lasciato eleggere come “nuovo” presidente il buon Abdrabuh Hadi, che del dittatore Saleh era stato il vice per una quindicina d’anni. Il tutto, ovviamente, all’insegna della democrazia. Era l’epoca in cui un giorno sì e uno no gli esperti israeliani giuravano che l’Iran era ormai arrivato alla bomba atomica e che bisognava bombardarlo. E pazienza se la riunificazione dello Yemen, dopo la guerra civile degli anni Novnta, era avvenuta con la sponsorizzazione dei wahabiti sauditi.

Ma oggi? Con gli sciiti dell’Iran che danno una mano decisiva ai curdi nell’opporsi all’Isis in Iraq? Con lo sciita Assad che, in un modo o nell’altro e con l’aiuto degli sciiti libanesi di Hezbollah, è l’altra diga contro i tagliatori di gole? E in più: nel Sud dello Yemen ha fatto il nido da anni una cellula di Al Qaeda che è probabilmente la più pericolosa al mondo. I vari regimi dello Yemen appoggiati dagli Usa non sono mai riusciti a sradicarla, e in più i qaedisti sono sunniti. Quindi?

Per l’ennesima volta, quindi, bisogna stare attenti a non farsi fregare dalla narrazione di propaganda sulla “battaglia per la democrazia”. In Medio Oriente le dinamiche sono purtroppo ben più complesse del filmetto “indiani contro cow boys” che provano sempre a rifilarci.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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