YATSENYUK: IL PREZZO DELLE RIFORME

YatsenyukUcraina: il premier dimissionario Arsenyi Yatsenyuk.

(1. continua) Accuratamente taciuta dalla grande stampa, arriva la notizia che in Ucraina c’è la crisi di Governo. Una strana crisi, un po’ programmata e un po’ improvvisata, ma pur sempre una crisi, diventata evidente quando il premier ad interim Arseniy Yatsenyuk si è presentato al Parlamento per dire: “Annuncio le mie dimissioni, data la disgregazione della coalizione e il blocco delle iniziative governative. Oggi non sono state votate le leggi, non abbiamo di che pagare la polizia, i dottori, gli insegnanti, non abbiamo soldi per comprare fucili o per rifornire di benzina gli autoblindo”. 

Come si diceva, Yatsenyuk, che a dispetto della giovane età ha una vasta esperienza politica (40 anni appena compiuti, avvocato e banchiere, è stato tra l’altro anche governatore della Crimea, più volte ministro e presidente del Parlamento), in questa crisi un po’ ci è e un po’ ci fa. Denunciando la palude parlamentare e i dissensi all’interno della coalizione di partiti formatasi intorno alle proteste di Euromaidan, Yatsenyuk ha evitato di farsi logorare, scaricando su altri la responsabilità dello stallo e, soprattutto, evitando di mettere la faccia sul problema più immediato.

Yatsenyuk e le riforme

Il Fondo Monetario Internazionale, infatti, ha approvato aiuti per 17 miliardi di dollari ma ne ha versati solo 3,2, condizionando una seconda tranche proprio all’approvazione di quelle misure che il partito di estrema destra Svoboda e quello della destra moderata Udar non hanno voluto approvare. Il Governo di Yatsenyuk comunque resta in carica, come premier opera il suo vice, i partiti dissidenti hanno 30 giorni per indicare un candidato alla premiership e le elezioni anticipate, se ci saranno, non si svolgeranno prima di ottobre.

Poi c’è, ovviamente, il problema di fondo: le riforme, appunto. Che il Fondo Monetario Internazionale non chiede ma pretende. E che Yatsenyuk, come uomo di fiducia dell’Occidente (ricordiamo che la sua fondazione, Open Ukraine, ha come partner ufficiali anche la Nato e il Dipartimento di Stato Usa) si è impegnato a far passare.

La differenza tra la proposta russa dell’Unione Doganale e quella occidentale è tutta qui. Il Cremlino offriva gas e soldi e chiedeva fedeltà. Gli Usa, grandi sponsor di Yatsenyuk e della svolta, offrono soldi e, attraverso il Fondo,  chiedono cambiamenti. Di riforme l’Ucraina degli oligarchi ha gran bisogno, e non da oggi: ma sono così tante, quelle da fare, e così importanti, che l’idea di vararle in blocco e in fretta rischia di provocare uno shock ingestibile.

(1.continua)

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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