EGITTO LE PURGHE STALINIANE DI AL-SISI

Egitto le purghe staliniane: un murale anti-Morsi nelle strade del Cairo.Un murale anti-Morsi nelle strade del Cairo.

Il Tribunale di Minya, grosso centro dell’Alto Egitto, ha condannato a morte 529 militanti dei Fratelli Musulmani: erano collettivamente accusati di aver provocato gli incidenti che, nel novembre 2013, portarono all’assalto della stazione di polizia di Matay e all’uccisione di un poliziotto, oltre che al furto di armi e alla liberazione di prigionieri allora detenuti appunto nella stazione. Il tutto nel quadro delle proteste con il generale Al-Sisi  dopo la destituzione e l’arresto del presidente Morsi. In Egitto le purghe staliniane aprono così una nuova stagione del regime militare.

Questa sentenza è tante cose. Un inedito, perché in Egitto le purghe di massa non si erano mai avute, nonostante un sistema giudiziario sempre incline ad accontentare il potere. Un mostro giuridico,innanzitutto, perché la condanna è arrivata dopo solo due udienze in tre giorni, e ha fatto strame dei diritti degli imputati: gli avvocati difensori, tra l’altro, non hanno potuto presenziare alla seconda udienza. Ed è un precedente, perché a Minya sono in attesa di giudizio per gli stessi fatti altre 700 persone.  E’ anche una pesantissima ipoteca sul futuro dell’Egitto: questa mannaia di massa rischia di scatenare un’ondata di terrorismo da parte dei gruppi messi fuorilegge (i Fratelli Musulmani stessi, il loro ramo politico, il partito Giustizia e Libertà, per non parlare degli estremisti di Jamaa Islamiya) e certo di acuire i già enormi rancori che dividono il Paese. Infine, infila una zeppa pericolosa tra le varie anime dell’Islam visto che la condanna, per andare in giudicato, dovrà essere approvata dal Gran Muftì del Cairo.

In Egitto le purghe rischiano di…

Ma accanto a tutte queste cose, la condanna emessa dal Tribunale di Minya sembra essere anche un messaggio. Interno, ovviamente: il regime di Al-Sisi non vuole ricomporre le fratture create dalle smanie autoritarie dei Fratelli Musulmani e di Morsi ma schiacciarle con un autoritarismo più forte e spietato. E un messaggio esterno: questo stesso, come garanzia dell’alleanza che l’Egitto dei militari ha stipulato con le monarchie del Golfo (Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti), quelle moderate del Maghreb (Giordania e Marocco) e, in ultima analisi, Israele, come sempre molto abile nel giocare sulle rivalità interne al mondo islamico.

Al di là delle diverse esperienze e necessità, tutti questi Paesi hanno un desiderio di fondo in comune: conservare lo status quo, o per dirla con toni più positivi, la stabilità del Medio Oriente. Le monarchie del Golfo perché hanno l’Iran alle porte e perché la manna del petrolio deve continuare a cadere nelle tasche di chi comanda; Giordania e Marocco perché hanno avviato riforme non secondarie e hanno bisogno di tempo e calma per testarle (e la Giordania ha la Siria alle porte e gli americani in casa);  Israele perché pian piano si allarga nelle terre che spetterebbero ai palestinesi, e in quel “pian piano” sta la chiave di tutto. Oggi in Egitto le purghe suggellano anche questo patto.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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