Prima gli attivisti di Greenpeace, liberati e amnistiati. Poi Mikhail Borisovic Khodorkovskij, l’ex magnate del petrolio, amnistiato (dopo dieci anni di carcere) e graziosamente spedito all’estero. Infine le Pussy Riot, uscite anche loro dal carcere. Una serie di gesti magnanimi dettati, a dar retta alle spiegazioni ufficiali, dall’amnistia approvata dalla Duma per festeggiare i 20 anni dall’approvazione della Costituzione russa. Ma nessuno dubita che si tratti di una strategia decisa a tavolino dal solito Vladimir Putin.
E quindi: perché? L’opinione pubblica russa (come la nostra, peraltro) guarda con poca simpatia a questo genere di clemenza. Non è lì che bisogna guardare. Molti dicono che in questo modo Putin ha voluto ripulirsi la fedina di nazionalista-razzista-violatore dei diritti civili-omofobo prima dei Giochi olimpici invernali che si svolgeranno in febbraio a Soci. Mah… Putin sa da tempo che i vari Obama, Hollande e Gauck (il Presidente della Germania Federale), per non parlare di tutti gli esponenti dei Paesi dell’Est che non hanno simpatia per la Russia (i baltici, la Polonia, la Repubblica Ceca…), non andrebbero a Soci in nessun caso.
Troppo ghiotta, per loro, l’occasione di farsi in casa propria una facile propaganda progressista ai danni dell’orso russo, che non sta simpatico a nessuno. Un gesto, peraltro, del tutto inutile sotto ogni altro aspetto: Usa, Francia e Germania, per non parlare degli altri, non smetteranno certo di fare affari con la Russia se necessario. E del mini-boicottaggio, o di decisioni ridicole come quella di Obama che manda a Soci due illustri lesbiche, Putin altamente se ne frega: non faranno altro che irritare profondamente i russi, eccitando il loro nazionalismo e aumentando così di un altro po’ l’autorevolezza e il gradimento di Vladimir Putin in Russia.
Alla fin fine, quindi, le liberazioni a raffica decise da Putin sembrano soprattutto una dimostrazione di forza, o un tentativo di dimostrarne. Il Cremlino non ha paura degli oppositori che ha rimesso in circolazione, ci manda a dire. Nè quando si parla di ambiente e petrolio (Greenpeace), né quando si parla di petrolio e rapporti con gli Usa (Khodorkovskij), né quando si parla di contestazioni interne (Pussy Riot). Questa amnistia non è una richiesta di scuse, al contrario. E’ un messaggio.