Nelle ore in cui Vladimir Putin incontra papa Francesco, vale la pena di ripercorrere una delle pagine più clamorose di imprevidenza politica degli ultimi anni: il fallimento dell’accordo di associazione dell’Ucraina all’Unione Europea a una sola settimana dalla riunione che, a Vilnius (Lituania), avrebbe dovuto sancirla.
La questione ha tante facce. Certo, è parsa mossa poco felice legare il “sì della Ue alla liberazione (sotto forma di permesso per cure all’estero) di Yulia Tymoshenko. Dal punto di vista diplomatico, una forzatura: il “caso Tymoshenko”, come tutti sanno, ha molti punti oscuri, ma solo un Paese disperato (più disperato dell’Ucraina) potrebbe accettare un simile diktat. Che diremmo noi itaiani se qualcuno volesse obbligarci, solo per fare un esempio, a concedere la grazia a Silvio Berlusconi? La richiesta della Ue, inoltre, ha offerto al Governo di Kiev un’ottima scusa, procedurale e politica, per far saltare il banco.
Ma è ovvio che il problema supera anche la Tymoshenko, che in patria ha molti estimatori ma altrettanti detrattori, visto che i Governi succeduti alla Rivoluzione Arancione non hanno lasciato dietro di sé un grande ricordo. Molti puntano il dito sulle manovre di Vladimir Putin e sulla sua presunta ambizione di far rivivere, come Unione Euroasiatica o unione doganale che dir si voglia, il vecchio impero sovietico. Putin è certamente un nazionalista incallito che non regala nulla a nessuno. Ma non è uno stupido e fa i conti tutti i giorni con l’influenza degli Usa verso Occidente (Polonia, Repubblica Ceca, la stessa Ucraina dove la rivoluzione Arancione fu abbondantemente finanziata dai dollari di Washington…) e della Cina in Asia Centrale. In altre parole, Putin sa quale concretezza (poca) abbiano i sogni che molti gli attribuiscono.
Con l’Ucraina il problema vero è che la questione della sua collocazione internazionale non può essere risolta senza la partecipazione della Russia. L’Ucraina ha 4.600 chilometri di confine di terra e di questi 1.600 sono con la Russia. La quasi totalità del fabbisogno energetico ucraino è soddisfatto con forniture russe. La Russia assorbe il 23,7% delle esportazioni ucraine e provvede al 19,4% delle sue importazioni. Il corso del fiume Dnepr divide l’Ucraina in due, con la parte a Est che è, di fatto se non di diritto, una specie di pezzo di Russia in casa d’altri, per composizione etnica e per organizzazi0ne economica (industrie pesanti, miniere…). In altre parole: l’Ucraina graviterebbe verso la Russia anche se la Russia non volesse.
E’ chiaro che l’Ucraina avrebbe tutto da guadagnare da un accordo con l’Unione Europea. La parte più moderna e vivace del Paese, quella a Ovest del Dnepr, già si sente europea. E non c’è Paese, primo fra tutti la vicina Polonia, che non abbia tratto grossi vantaggi dall’associazione e dall’ingresso nella Ue. Il vero problema da risolvere, quindi, sono i rapporti tra la Ue (che stenta sempre a perseguire una politica estera davvero comunitaria) e la Russia. Rapporti poco chiari dal punto di vista economico (con la Russia che di volta in volta si sceglie i partner preferiti) e decisamente oscuri dal punto di vista politico.