Il settore Medio Oriente della Bbc ha fatto un bel lavoro sul consenso reale dei Fratelli Musulmani che, in Egitto, sono stati appena messi fuorilegge e privati, tramite esproprio, dei loro beni dal Governo provvisorio insediato dai militari. Che i Fratelli siano una forza, è cosa nota a tutti. Ma quale? Con quale effettivo radicamento presso gli egiziani? La risposta arriva dall’analisi dei dati elettorali, cioè dallo scrutinio dei voti espressi nelle cinque votazioni in cui i Fratelli hanno prevalso tra il 2011 e il 2013.
Eccole in sintesi.
1. Referendum costituzionale del marzo 2011: il referendum chiedeva se abolire o modificare la Costituzione allora vigente. I Fratelli erano per la modifica e tale posizione ebbe il 77% dei voti. Ma a votare andò solo 41% dell’elettorato e per la modifica si battevano anche altri partiti.2. Elezioni per l’Assemblea del Popolo (la Camera del Parlamento egiziano), novembre 2011-gennaio 2012: i Fratelli ottengono il 37,5% dei voti ma la percentuale dei votanti è del 52%.3. Elezioni per il Consiglio della Shura (il nostro Senato), febbraio 2012: i Fratelli ottengono il 58% dei voti ma i votanti sono appena il 10% del totale.4. Elezioni presidenziali, giugno 2012: vince Mohammed Morsi con il 51,7% dei voti, avendo però come avversario Ahmad Shafik, ex generale e ultimo primo ministro del dittatore Mubarak. Un rivale, insomma, con un curriculum poco “prestigioso” in un Egitto appena scosso dalla rivoluzione, certo perdente a fronte di un candidato come Morsi che era stato pure in carcere per la sua opposizione a Mubarak.5. Referendum costituzionale del dicembre 2012: Morsi chiede di approvare la nuova Costituzione, anche se molti gruppi cristiani e laici si erano ritirati dall’Assemblea costituente incaricata di scriverla. La Costituzione viene approvata con il 64% dei voti ma la percentuale dei votanti è ferma al 33%.Mi pare corretto concludere che i Fratelli Musulmani sono certo una forza disciplinata e organizzata, capace di mobilitarsi con compattezza al momento di un voto e radicata nel Paese. Ma più una lobby potente che una forza che possa dirsi rappresentativa della maggioranza degli egiziani. Il che fa capire, tra l’altro, perché sia stato così relativamente facile toglierle il potere pochi mesi fa ed emarginarla nei grandi centri urbani, mentre più difficile risulta la stessa operazione nelle aree rurali e desertiche del Sud.Possiamo aggiungere una cosa: chi parla di fallimento della Primavera Araba pensi a queste cinque tornate elettorali, libere, ordinate e democratiche, e si chieda quante altre volte ha visto susseguirsi cinque libere elezioni in un qualunque Paese del Medio Oriente. Non è tutto ma è già molto. La Primavera parrà subito più fiorita.