PROPOSTA: UN MONUMENTO A ERDOGAN

Le moschee di Istambul.

Che cosa dovremmo pensare di un Paese la cui compagnia aerea è l’unica europea tra le prime nove del mondo, ben prima di Lufthansa (Germania), British Airways (Gran Bretagna) e Air France-Klm (Francia più Olanda)? Che ha una flotta di 210 tra Boeing 777 e Airbus? Che vuole comprare cash il 100% della compagnia aerea di un Paese vicino, con un’offerta di 19 milioni di euro superiore a quella del più vicino competitor?

Le moschee di Istambul.

Penseremmo che quel Paese va molto bene. E infatti, se andassimo a controllare, scopriremmo che quel Paese ha un debito pubblico pari al 38,8% del Pil (la Germania e all’80%, la Francia al 90%, l’Italia al 130%) e un disavanzo minuscolo, solo l’1,4% del Pil. Quel Paese è la Turchia da 12 anni governata da Recep Erdogan, dopo i fatti di Gezi Park infilato nella galleria dei nuovi mostri, insieme con Putin, i dirigenti cinesi e il Lukashenko di Belorussia; la sua compagnia è la Turkish Airlines; e la compagnia da acquistare è la Olympic Air, vettore nazionale della Grecia in crisi.

E’ chiaro che Erdogan non è un’anima tenera, e se le organizzazioni umanitarie fanno notare che ci sono più giornalisti in carcere in Turchia che in Cina vuol dire che i problemi ci sono , e anche grossi. Detto questo, solo il rimbambimento che ancora subiamo dal decennio Bush e dal cascame politico e intellettuale (la Fallaci, la teoria dello “scontro di civiltà”…) che l’ha accompagnato ci impedisce di riconoscere che a Erdogan dovremmo comunque fare un monumento. Ecco qualche buona ragione in proposito: gli anni del suo Governo hanno segnato l’uscita della Turchia (81 milioni di persone) dal sottosviluppo; il suo islamismo moderato (e, come si è visto, vincente) ha temperato e quasi eliminato tutte le inclinazioni verso un islamismo più radicale; gli anni di Erdogan sono stati comunque, e almeno finora, i più vicini a una reale democrazia. Sarà meglio non dimenticare (ultimamente lo fanno in molti) che il vero regolatore della politica turca è sempre stato, prima di Erdogan, il volere dei generali, che hanno messo a segno ben quattro colpi di Stato (1960, 1971, 1980 e 1997), in pratica uno per decennio.

Pur essendo stato sdegnosamente respinto (per puro snobismo, mentre le ragioni politiche e culturali per non integrare la Turchia erano molto più solide) quando ha voluto sedersi alla tavola dell’Unione Europea, Erdogan non ha cercato assurde rivincite ed è rimasto fedele alle tradizionali alleanze internazionali. Anzi, ha cercato di integrare ancor più l’economia nazionale a quella europea, trasformando la Turchia in uno hub per il transito del gas e del petrolio. Ecco quindi gli accordi con Russia e Italia per la realizzazione del gasdotto South Stream (che passerà per le acque territoriali turche) e quelli con Austria, Bulgaria e Romania per la costruzione del Nabucco (fortemente voluta dalla Ue), destinato a portare il gas proveniente dai Paesi dell’Asia Centrale. Oltre a questi, c’è anche il progetto del gasdotto ITGI-Poseydon, che  collegherà la Turchia all’Italia attraverso la Grecia, e il possible prolungamento del Blue Stream per permettere la fornitura del gas russo a Israele.

Ai liberali nostrani va inoltre ricordato che lo sprint dell’economia turca è stato lanciato da una audace politica di liberalizzazioni che ha fatto nascere una classe media sempre più agiata e portato i settori dell’industria automobilistica, dell’edilizia e dell’elettronica a sorpassare l’industria tessile, tradizionale gigante turco, e a insidiare come datore di lavoro anche l’agricoltura, che persino in anni recenti impiegava circa il 25% della forza lavoro. Resto della mia idea: un monumento a Erdogan ci starebbe.

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

Altri articoli sul tema

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top