NETANYAHU E ABU MAZEN, NEMICI NATI

Benjamin "Bibi" Netanyahu (a sinistra) con Obama e Abu Mazen.

Pare già di vederli, intrecciati l’uno all’altro come certi vecchi ulivi della loro terra, ormai incapaci tanto di staccarsi, quanto di prevalere sull’altro e finalmente dominare lo spazio. Mahmud Abbas detto Abu Mazen, 78 anni, dal 2005 presidente dell’Autorità nazionale palestinese, e Benjamin “Bibi” Netanyahu, 64 anni, primo ministro di Israele che in febbraio troverà scontata riconferma, andranno avanti chissà quanto, guardandosi e detestandosi eppure bisognosi l’uno dell’altro. Mentre il mondo, come cantava De Gregori, «sta girando senza fretta», in tutt’altre faccende affaccendato e ormai quasi dimentico dei drammi che in quell’angolo di Medio Oriente si riproducono eternamente uguali a sé stessi.

Benjamin "Bibi" Netanyahu (a sinistra) con Obama e Abu Mazen.

Abu Mazen e Bibi. Suonano così i loro nomi di battaglia. I due sono i protagonisti ideali del conflitto tra Israele e pale stinesi perché, dell’uno come dell’altro campo, sono dei prototipi. Mahmud aveva 13 anni quando fu coinvolto nella naqba, “la tragedia”, il nome che i palestinesi hanno dato al 15 maggio 1948, giorno della proclamazione dello Stato di Israele dopo la vittoriosa guerra sugli Stati arabi. In poco tempo circa 700 mila palestinesi se ne andarono o furono spinti fuori dal territorio. Tra gli altri anche la famiglia di Mahmud, che divenne un profugo palestinese esemplare: esule in Siria, studi a Damasco, dottorato all’Università per stranieri Lumumba di Mosca, poi lavoro negli Emirati Arabi, allora un poco più filo-palestinesi e un poco meno filo-americani di adesso.

E Bibi, che faceva in quel tempo? Be’, lui è nato nel 1949, la naqba non l’ha vista. Però mentre l’altro stava tra Damasco e Mosca, lui, figlio di un professore, cresceva negli Usa, per poi tornare in patria e arruolarsi nelle forze speciali del già speciale esercito dello Stato di Israele. Possiamo dire che il primo incontro, a distanza, avvenne nel 1972. In quell’anno, Bibi partecipò all’operazione per sventare il dirottamento di un aereo di Israele fatto da un commando di Settembre nero, che chiedeva la liberazione di 315 palestinesi detenuti. Il comandante delle truppe israeliane era Ehud Barak. Altro soldato che diventerà premier di Israele. Durante la missione Bibi fu ferito dal “fuoco amico”, insomma, gli sparò per sbaglio uno dei suoi, l’unica ferita che abbia riportato in tante missioni pericolose.

In quel 1972 Mahmud, che era entrato in Al Fatah e lavorava con Arafat dagli Emirati, metteva insieme i fondi per una missione di cui, a dar retta ai te- stimoni, lui non sapeva nulla ma che sarebbe diventata la strage di 11 atleti israeliani ai Giochi olimpici di Monaco. Insomma, con due biografie così, come pensare che possano sopportarsi? Anche se Mahmud, nei decenni in Al Fatah diventato Abu Mazen, è stato tra i primi dirigenti palestinesi a sostenere la necessità di colloqui di pace con il nemico. Anche se Bibi, lasciate le armi (e perso il fratello Yonatan in azione, nel 1976, durante il famoso raid di Entebbe per liberare un altro aereo dirottato) e diventato ambasciatore negli Usa, ha conosciuto la sconfitta in politica e imparato il pragmatismo. Portano sulle spalle una storia di cui paiono più schiavi che interpreti.

Questo neò politico. E nel personale? Qui le parti quasi si rovesciano. Il “terrorista” o “amico dei terroristi” Abu Mazen è sposato da una vita con Amina. Hanno avuto tre figli, tutti prosperi uomini d’affari, uno morto giovane, un altro affermato in Canada, il terzo ricco negli Emirati. Bibi, soldato di ferro e premier, è stato più birichino. Tre mogli (due americane e una inglese, la terza una hostess conosciuta in volo, ma senza dirottamenti), tre figli: Noa (dal primo matrimonio), Yair che fa il soldato e Avner che ha vinto il prestigioso Quiz nazionale sulla Bibbia di Israele.

Ah, già. Sarah Ben-Artzi, la terza moglie di Netanyahu, è una psicologa. Lasciata la compagnia aerea, ha molto lavorato nel campo della composizione dei
conflitti familiari. E se dessimo a lei l’incarico di comporre Bibi con Mahmud?

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

Altri articoli sul tema

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top