BAMBINI DELLA SIRIA, AIUTIAMOLI COSI’

Un bambino siriano in un villaggio della valle della Bekaa (Libano).

«I miei parenti sono morti, la mia casa è distrutta. E di mio marito, che è rimasto in Siria, da tre mesi non so più nulla. Mi sono rimasti i figli, e questo foglio». Naima,  madre di due bambine e di un ragazzo di 16 anni apprendista barbiere, è scappata in Libano sei mesi fa. Ed è facile capire perché quel foglio, l’iscrizione a scuola delle figlie, risulti così prezioso.

Un bambino siriano in un villaggio della valle della Bekaa (Libano).

“Io non ho studiato”, dice Naima, “e mi viene ancora da piangere se ripenso a quando i miei mi tolsero da scuola. Non voglio che le bambine finiscano come me, voglio che facciano qualcosa di importante… il medico, l’insegnante. Ma qui, per noi profughi, senza aiuto non c’è speranza. Viviamo in una stanza che ci costa 500 dollari al mese. Nelle scuole pubbliche non c’è posto o servono documenti che non abbiamo, in quelle private la retta costa anche mille dollari al mese. Impossibile anche pensarci!”.

Quella di Naima è solo una delle infinite storie che si trovano nel Libano di oggi, dove l’80% dei 160 mila profughi siriani è fatto di donne e bambini. L’indicibile tragedia della Siria ha ormai riversato nei Paesi vicini oltre mezzo milione di persone in fuga. E stiamo parlando di quelle che si sono registrate, cercando aiuto, presso le organizzazioni delle Nazioni unite. Moltissime altre, decine di migliaia, sono in Giordania, Turchia e Libano da “clandestine”, con sistemazioni di fortuna e lavori, quando li trovano, più che precari.

E’ bello che in Italia qualcuno si muova per alleviare questa emergenza e abbia deciso di lanciare un progetto importante. Parlo della Fondazione Giovanni Paolo II, che molti già conoscono per altre opere in Medio Oriente: il centro per i giovani di Gerusalemme, il centro di formazione professionale a Betlemme, la cittadella dei ragazzi a Baghdad, avviata quando avventurarsi per le strade della capitale irachena significava sfidare il pericolo vero.

“Davanti a un esodo che dal 2003 a oggi ha registrato oltre 4 milioni di sfollati iracheni e nell’ultimo anno centinaia di migliaia di profughi siriani, non possiamo proprio stare fermi”, dice monsignor Luciano Giovannetti, vescovo
emerito di Fiesole e presidente della Fondazione. «Siamo in attesa del Natale, un tempo “sospeso” in cui qualcosa di grande sta per accadere. A vivere un’attesa sofferta sono invece migliaia di bambini siriani e iracheni di religione
cristiana, fuggiti in Libano a causa di guerre e persecuzioni. Hanno perso tutto e una sola cosa attendono: una vita normale fatta di casa, scuola, amici, possibilità di crescere e non solo di sopravvivere”.

La battaglia per salvare i bambini è aspra e delicata: «Sappiamo i rischi che corrono se privati della possibilità di studiare, di capire e farsi capire in un Paese straniero, se lasciati in balia della strada e della criminalità. La scuola è per loro il porto più sicuro, il luogo dove dobbiamo al più presto riportarli». Ecco dunque l’impegno della Fondazione per garantire la frequenza scolastica ai piccoli rifugiati, cristiani e non cristiani. Che nella situazione specifica del Libano significa trovare le scuole e pagare le rette; garantire ai bambini libri, quaderni, grembiuli e pasti regolari; accompagnarli a scuola; procurare insegnanti di sostegno, perché i bambini iracheni e siriani parlano l’arabo mentre molte scuole del Libano usano per insegnare l’ inglese o il francese.

Già così, un lavoro enorme. Un’impresa, visto che la Fondazione vuole anche fornire alle famiglie più bisognose i generi di prima necessità decisivi in inverno (stufe, coperte, medicine, cibo), a quelle più in crisi un supporto psicologico, ai bambini spazi per il gioco oltre che per lo studio. A meno che…

La Cei (Conferenza episcopale italiana), tramite il Servizio per gli Interventi caritativi diretto da monsignor Giovanni Battista Gandolfo, ha già garantito una parte importante del finanziamento. Ma qui si parla di un progetto triennale, per un costo complessivo di milioni di euro, che vuole “attaccare” l’emergenza ma anche costruire qualcosa per
il futuro. Un’azione da svolgere in collaborazione con le strutture della Custodia di Terra Santa e con una serie di organizzazioni umanitarie libanesi che ben conoscono il territorio e i suoi bisogni.

Qui si parla, insomma, di ciò che possiamo fare tutti noi, uno per uno, con quel poco che possiamo rosicchiare alla crisi che incombe, alla bolletta che arriva, ai regali da fare. Poco per noi, tanto per loro, se bastano 100 euro per garantire a un bambino un anno di scuola. E una gran sassata nel muro di vetro dell’indifferenza.

Per scoprire come contribuire: www.fondazionegiovannipaolo.org

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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