MONTI E LA LEGGENDA DEL CAVALIERE

L'ex premier Mario Monti.

Com’è ovvio, il bilancio del Governo guidato da Mario Monti spetta a ogni singolo cittadino, ai milioni di famiglie che hanno attraversato e ancora attraversano un periodo durissimo di rinunce, sacrifici e, in molti casi, vere sofferenze. Ma le avvisaglie della propaganda elettorale già fanno pensare che la competizione sarà quella a confondere le idee dei cittadini e a spargere promesse impossibili che non saranno mantenute.

L'ex premier Mario Monti.

L’esempio più evidente è nel profluvio di dichiarazioni che Silvio Berlusconi fa tracimare da ogni canale televisivo, l’avanguardia dell’offensiva mediatica cui saremo sottoposti dalla fine delle festività. Una strategia rozza che però, dicono i sondaggi, già produce i primi frutti. Si nota, frequentando la Rete e i social network, l’aumento dei commenti che riprendono pari pari gli argomenti del Cavaliere: con Monti è stato un disastro (“Tutti gli indicatori sono in ribasso”) e quel poco di positivo che si è ottenuto sul fronte dello spread è merito della Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi. Il riconquistato prestigio internazionale dell’Italia? Fandonie che ci raccontano per consolarci di essere diventati i maggiordomi della Germania e della Merkel.

Sono ragionamenti dolci alle orecchie di chi è stato investito dalla crisi economica, anche perché rovesciano la colpa dei patimenti su un nemico esterno: in questo caso la Germania, che ha preso il posto della lobby delle banche, dei “poteri forti”, delle agenzie di rating, insomma di tutti i fantasmi che i politici evocano quando non vogliono prendersi la responsabilità dei problemi. Cioè, quasi sempre.

Ora non conta evocare il pur recente passato berlusconiano: evasione fiscale e corruzione ai massimi storici (le giunte regionali di Lazio e Lombardia insegnano), spread alle stelle, più di mezzo Parlamento prostituito alla causa di Ruby, le risate degli altri leader a ogni comparsata estera del Premier… Quello che urge è chiarire che la tesi di Berlusconi (Governo Monti uguale disastro e il calo dello spread a credito della Bce) è fasulla, mentre invece è piuttosto vero il suo contrario.

Andiamo per ordine. E’ vero, nell’ultimo anno è aumentata la disoccupazione, è calato il Pil (Prodotto interno lordo, la ricchezza prodotta dal Paese), è cresciuto il debito pubblico. Era successo anche nell’ultimo anno di Governo di Berlusconi, ma non importa: i lati oscuri del 2012 italiano sono colpa esclusiva di Monti e del suo Governo?

Se fosse così, questi fenomeni negativi dovrebbero essere solo nostri. Dovrebbero essere registrati solo in Italia. E invece no, anzi: sono tipici di tutti i Paesi europei che hanno avuto problemi con la crisi. In Francia è cresciuta la disoccupazione (ai massimi livelli degli ultimi 13 anni), è calato il Pil, è aumentato il debito pubblico. In Spagna idem (disoccupazione dal 21,5% del 2011 al 25% del 2012; il debito pubblico è cresciuto del 5%; il Pil è sceso di quasi il 2%). Della Grecia non parliamo neppure. In Irlanda la disoccupazione ha toccato i massimi storici proprio nel 2012 e negli ultimi tre anni il debito pubblico è triplicato. Serve qualche altro esempio? Ah sì, c’è la Gran Bretagna: debito pubblico stellare, Pil in crescita (0,8%) e disoccupazione in aumento, seppur lieve.

Quindi: se tutti i Paesi europei paragonabili all’Italia accusano, ognuno a suo modo, gli stessi fenomeni, come si fa a dire che l’Italia è stata governata particolarmente male? O forse qualcuno crede che l’Italia, da sola, avrebbe potuto far crescere l’occupazione, ridurre il debito pubblico e rilanciare il Pil?

Se qualcuno lo pensa, non si rende conto che le economie europee sono strettamente intrecciate e nessuno può salvarsi da solo. Soprattutto un Paese che ha poche risorse naturali e vive di esportazioni come l’Italia. Nel 2012 la situazione è peggiorata un po’ ovunque perché i Governi hanno approfittato dell’emergenza economica per varare le riforme che erano necessarie anche prima ma che nessuno aveva avuto il coraggio di proporre: Zapatero in Spagna come Berlusconi in Italia o Gordon Brown in Gran Bretagna.

Perché è toccato a Monti far approvare la pur crudele riforma delle pensioni e i vari decreti Salva Italia che, stringendo i cordoni della borsa pubblica, hanno aggravato le condizioni di vita dei cittadini oggi ma posto le condizioni per una più sana amministrazione dello Stato domani. Tutte cose che il Cavaliere, con la più ampia maggioranza parlamentare della storia della Repubblica, avrebbe potuto fare in proprio (e magari meglio, chissà…) se non avesse così temuto l’impopolarità politica.

E questo ci riporta al discorso sull’Europa. Tutta la retorica anti-tedesca del mondo non cancella il fatto che la Germania è uno dei Paesi, con l’Italia e la Francia, che più contribuiscono a finanziare l’Unione Europea. Stare nell’Unione Europea contro questi tre Paesi è semplicemente impossibile; e altrettanto impossibile è salvaguardare l’Unione (che nessuno Governo sano di mente vuole comunque abbandonare) se questi tre Paesi non trovano un’intesa.

In tempi in cui Italia e Francia sono più deboli e la Germania è più forte, è naturale che Berlino chieda garanzie sulla fine che faranno gli euro versati per la causa comune. Una volta tranquillizzata, però, la Germania ha finanziato più di ogni altro (la sua quota è del 27,5%) quel Fondo Salva Stati il cui varo è stato decisivo per stroncare le manovre al ribasso dei mercati finanziari e così dimezzare lo spread (cioè la differenza tra i tassi d’interesse pagati per i Buoni del Tesoro tedeschi e quelli di Francia, Italia e tutti gli altri Paesi), la cui impennata ai tempi del Governo Berlusconi era costata alla nostra economia una montagna di miliardi.

Il Fondo Salva Stati, assai prima che una manovra finanziaria, è stato il risultato di una difficile trattativa politica a livello internazionale. E proprio questa camminata sul filo, in equilibrio tra riforme da fare in Italia e richieste dei partner stranieri, è stata forse la cosa migliore del Governo Monti. La cui azione non è stata certo priva di aspetti molto criticabili, soprattutto sul fronte di un’equa distribuzione dei sacrifici, ma merita almeno di essere raccontata per come si è svolta e non come una saga dell’impero del male.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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