UNA BRUTTA PACE, UNA BELLA GUERRA

In questa ennesima “crisi di Gaza”, e nella sua improvvisa e mortifera accelerazione, c’è qualcosa che non torna. Al netto della miscela di cinismo e demenza che anima le parti,  troppi fattori non tornano. In primo luogo, perché le brigate armate che fiancheggiano Hamas a Gaza, dirette da fanatici ma non da stupidi, hanno intensificato la strategia dei missili ad appena due mesi dalle elezioni politiche in Israele? Possibile che proprio loro non immaginassero quello che immaginavano tutti, e cioè che il premier israeliano Netanyahu avrebbe preso la palla al balzo per lanciare a suon di cannoni la campagna elettorale?

E per quanto riguarda l’altra parte, Israele, fermo restando che nessuno Stato accetterebbe di vivere sotto una pioggia di razzi, per quanto quasi sempre inefficaci o facilmente neutralizzabili, mi chiedo: davvero i dirigenti dello Stato ebraico pensano di andare avanti così? Costruendo muri (quello di Separazione con la Cisgiordania, quello che isola Gaza e quello in preparazione sul lato del Sinai) che pian piano chiudono dentro Israele invece di chiudere fuori gli altri? Senza stabilire uno straccio di rapporto diplomatico, e ancor più sociale e culturale, decente con alcuno dei Paesi della regione? Ignorando qualunque possibilità di accordo con i palestinesi moderati? Puntando sempre tutto sulla forza dell’esercito e sull’afasia degli Usa mentre tutto cambia intorno e anche dentro Israele, Paese ormai lontanissimo dagli ideali che lo fecero nascere?

Se non fosse impossibile, verrebbe da pensare che Hamas e Netanyahu si sono messi d’accordo, tanto questa ennesima guerra sembra convenire alle esigenze dell’uno come dell’altro. Sento dire, anche da persone che stimo, che l’improvvisa tensione nel Sud di Israele servirebbe a distogliere l’attenzione dalla Siria. Un piano dell’Iran, insomma, che, mobilitando  Hamas, alleggerirebbe la pressione su Assad. Plausibile, per carità. Ma anche inutile: davvero qualcuno crede che una guerra nei cieli e per le strade di Gaza impedirebbe alla Cia, al Mossad e ai servizi segreti turchi di occuparsi della Siria come peraltro fanno da molti mesi?

Il premier israeliano Bibi Netanyahu.

La chiave di tutto, peraltro, non è Gaza, è l’Egitto. Cinque anni fa, Israele lanciò l’operazione “Piombo fuso” per disarmare Hamas. Nella Striscia ci furono 1.400 morti, in gran parte civili, e Hamas non fu disarmato. E cinque anni fa al Cairo comandava ancora Hosni Mubarak, il faraone prediletto dagli israeliani. Oggi al Cairo comanda Mohammed Morsi, seguace dei Fratelli Musulmani come Ismail Haniyeh, il premier di Hamas a Gaza. Mubarak chiuse i tunnel che uniscono Gaza all’Egitto nel pieno di “Piombo fuso”, Morsi li ha chiusi quando un gruppo di estremisti palestinesi ha attaccato Israele dal Sinai (attirando sulle guardie egiziane la reazione degli israeliani), ma li ha lasciati aperti in tutti questi giorni di crisi. Tra i due atteggiamenti c’è un mare di differenza e la morale è in sostanza questa: l’Egitto non permetterà che Hamas venga disarmato.

Piaccia o non piaccia, se il famoso statuto di Hamas che prevede l’eliminazione dello Stato di Israele è un assurdo politico e storico, nemmeno Israele può pensare di cancellare i palestinesi dalla faccia del Medio Oriente. Nè nel breve periodo (con un’azione di forza) né nel lungo periodo, strangolandoli con l’occupazione e con il rifiuto verso qualunque trattativa seria. La pace è l’unica soluzione del problema. Ma in quell’angolo di mondo, c’è troppa gente che preferisce una bella guerra a una brutta pace.

 

 

 

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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