Dunque aveva ragione Paul Krugman. Il premio Nobel per l’Economia (2008) nonché editorialista del New York Times, il 3 novembre si era sbilanciato con un articolo intitolato “Reporting that makes you stupid” (Giornalismo che ti rende stupido) per dire che la corsa tra Obama e Romney non era affatto un testa a testa e che il Presidente in carica avrebbe vinto largamente.
Cioé: mentre tutti gli analisti politici e gli istituti di ricerca parlavano di scarto ridotto, arrivando persino a pronosticare un possibile pareggio, Krugman, da solo, diceva esattamente l’opposto. Diceva: “Loro (i responsabili della campagna di Romney, n.d.r) sanno che ci vorrà un miracolo”. E ha avuto ragione lui: Obama ha vinto con 332 grandi elettori contro i 206 di Romney. Per dare un’idea: nel 2004 George Bush sconfisse John Kerry 286 a 252 e si parlò di una netta sconfitta di Kerry. Nel 2008 Obama vinse contro McCain con 365 grandi elettori contro 176, ma fu giudicata una vittoria a valanga, un evento abbastanza fenomenale.
Vale la pena notare che in tutti i casi elettorali fin qui citati, senza eccezione, la stampa continuò a parlare fino all’ultimo di competizione incerta, di lotta all’ultimo voto, di pronostici difficili. Nel 2008 scrissi in questo blog che Obama non avrebbe vinto a causa del colore della sua pelle. Sbagliai di grosso sul risultato finale, chiaro. Non sulla considerazione, però: nel 2008, Obama ottenne la maggioranza dei voti degli elettori bianchi solo in 17 dei 52 Stati americani. E tra quei 17 c’erano Stati di scarso “peso” elettorale come Hawaii, Maine, Distretto di Columbia, Rhode Island, Vermont. Nel Sud, poi, l’incidenza del fattore razziale ebbe punte pazzesche: solo l’11% dei voti bianchi per Obama nel Mississippi, il 10% in Alabama, il 14% in Louisiana.
Anche quest’anno Obama è stato respinto dall’elettorato bianco. Come rilevato dall’autorevole Pew Research Center di Washington, solo il 39% degli elettori bianchi ha votato per lui su scala nazionale, contro il 59% ottenuto da Romney. Il che vuol dire che il fattore razziale è ancora molto, molto importante. E che in nome suo, molti elettori democratici, come già nel 2008, hanno preferito non votare o votare Romney piuttosto che votare un afroamericano. Ancora una volta Obama è il presidente delle minoranze: latini, afroamericani, asiatici. Il che complica la vita a lui ma esalta le straordinarie attitudini al cambiamento che gli Usa sempre dimostrano nei momenti difficili.