SE CREDETE CHE IL PROBLEMA SIA GRILLO…

Beppe Grillo.

Avvitata a una crisi che, prima ancora che economica, è di rappresentanza, l’Italia si sta pian piano riducendo alla parodia di se stessa. Un’occhiata al quadro politico: il Parlamento ormai palesemente non rappresenta il Paese; il Governo non corrisponde alle forze politiche presenti in Parlamento; e il Paese, peraltro, non è che si senta granché incarnato da questo Governo che, nella migliore delle ipotesi, è accettato come una necessità transitoria.

Beppe Grillo.

Vi ricordate i pistoloni della destra e dell’estrema sinistra sul “colpo di Stato”, sullo scippo inflitto alla democrazia con la nascita del Governo Monti che, com’è ovvio nella retorica nazionale, è espressione dei circoli demo-plutocratici e della massoneria finanziaria? Quanti di questi retori, i leghisti per primi, dovrebbero oggi, alla luce dei risultati delle amministrative e non solo di quelli, mollare di corsa la poltrona di parlamentare per non diventare essi stessi occupanti abusivi di una carica pubblica ottenuta con un’elezione che non ha più nulla a che fare con i sentimenti degli elettori italiani?

E poi ci sono Grillo, il Movimento 5 Stelle, l’antipolitica cosiddetta. Non so chi abbia inventato il termine “antipolitica”. Se è un giornalista, passi. La nostra categoria e quella dei pubblicitari vivono di slogan. Ma se l’ha inventato un politico, beh, i suoi colleghi dovrebbero linciarlo. Dopo il Cavaliere con le sue “cene eleganti” e le pseudo-nipoti di Mubarak. Dopo il Senatur che ormai, nei confronti di famigliari e famigli, può solo appellarsi alla circonvenzione di incapace. Dopo Rutelli e i margheritini che si sono fatti truffare i soldi pubblici come polli da Lusi. Con Casini che non si sa mai da che parte sta, Montezemolo in attesa, il Pd che sembra uno di quei gruppi di vecchietti che commentano ai giardinetti. Dopo e con tutto questo, chiunque venga insignito del titolo di “antipolitico” ha la carriera assicurata. Del resto, se la politica è il Trota, o quei luminari dei grandi borghesi del Nord che andavano dietro a questi rubagalline discettando di “questione settentrionale”…

Non ho votato per i grillini (non si votava nel mio Comune) e non ho ragioni sufficienti per votarli. Anzi: quando vedo sul blog di Grillo certi annunci (“A Parma abbiamo bisogno di aiuto. Cerchiamo una persona con esperienza della gestione della macchina comunale per la carica di direttore generale al più presto. Incensurata, non legata ai partiti, di provata competenza”), non penso alla democrazia popolare ma alla confusione e all’improvvisazione. Ma mi domando anche: perché il culto di Grillo mi dovrebbe sdegnare più delle messe celtiche o del Dio Po? Perché dovrei credere a Berlusconi, al suo “nuovo miracolo italiano” e alla sua riduzione delle tasse ed essere invece scettico sul fatto che Pizzarotti possa governare Parma. Quella Parma dove l’amministrazione comunale precedente, di cui molti dicevano un gran bene e che applicava tante belle politiche familiari, ha scavato un buco di quasi 600 milioni?

Un omaggio a Melissa Bassi, uccisa a Brindisi.

Mi dice un amico, che dirige un centro di ricerche: quando chiedi alla gente, solo 1 su 9 ha un’idea, più o meno vaga, di che cosa preveda il programma politico del Movimento 5 Stelle. Voto di protesta? Può darsi. Ma se siamo convinti che solo di questo si tratti, dovremmo allora chiederci di protesta verso che cosa. Io credo che ormai non si tratti nemmeno più di protesta contro i partiti, ma di qualcosa di assai più profondo e radicale. Del disgusto verso un’Italia che, anche quando dice di voler cambiare, in realtà sogna solo di cambiare il meno possibile.

Il punto non sono i proclami dei politici ma i fatti. A Brindisi hanno messo una bomba davanti a una scuola e hanno ucciso Melissa Bassi. Per qualche giorno magistrati e giornalisti ci hanno dato in pasto il mostro. Che poi mostro non era, mentre la bomba era proprio una bomba. Da mezzo secolo, da Milano a Brescia, da Capaci a Brindisi, quest’Italia seppellisce le sue bombe sotto uno strato di bugie e inefficienza. In quest’Italia tornano persino le Brigate Rosse o simili, che azzoppano i dirigenti industriali pensando di minare il sistema. Come quarant’anni fa, prima della Apple e dei cellulari. Se non facesse piangere, farebbe solo ridere.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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